In attesa del viaggio di Prodi in Cina, mi chiedo se gli italiani e i politici italiani facciano parte della stessa gente. Quanti cittadini italiani hanno chiesto che si vada in Cina a combinare affari di cui solo pochi, i politici tutti, ne trarranno beneficio?
Gli italiani la pensano allo stesso modo dei candidati che hanno eletto? O meglio quanti italiani che non fanno parte del mondo politico la pensano allo stesso modo dei loro rappresentanti?
Non mi riferisco a quelli che fanno parte dei partiti che sono al governo o a quelli che invece fanno parte dell’opposizione, ma a tutti quanti in generale. I partiti si alternano, ora al governo, ora all’opposizione ma dopo i discorsi fatti in campagna elettorale, il modo di condurre gli aspetti economici del paese non cambia, se non per quanto riguarda chi deve beneficiarne e come devono essere divisi i frutti.
Questo è molto vero quando si parla di accordi commerciali con gli altri paesi. Bisogna portare a casa i soldi, poi la divisione avviene secondo il pensiero della corrente politica dominante del momento. Tot al welfare, tot alle opere pubbliche, tot all’industria, le percentuali variano a seconda che al governo ci sia la destra o la sinistra, ma sul fatto di portare a casa i soldi con accordi commerciali mirati, tutti sono concordi. Ovviamente questi sono interessi principalmente di lobby, il singolo cittadino è solitamente ignaro del risultato di questi accordi, salvo quando compra un cacciavite al centro commerciale a 45 centesimi, la cui punta forse si spezzerà mentre cerca di svitare la vite per cui l’ha comprato.
Oggi la Cina fa gola a tutti i governi del mondo per la sua enorme potenzialità di fornire beni a basso costo e di consumatore di prodotti europei, e per quanto ci riguarda, del “Made in Italy”. E’ anche temuta questa potenzialità, perché un governo che si escludesse o venisse escluso dal fare affari con la Cina commetterebbe un suicidio economico.
Nella Comunità Europea, per esempio, tale paese non potrebbe sopravvivere perché sarebbe soggetto alla necessità di importare beni dagli altri paesi membri, e non avrebbe beni da esportare per bilanciare il flusso delle merci in entrata, perché avrebbero prezzi elevati, a causa della sua produzione inevitabilmente autarchica, rispetto ai prezzi delle merci cinesi, che sarebbero invece disponibili per gli altri paesi. Non è proprio la verità, ma molti la pensano in questo modo e agiscono di conseguenza.
La Cina sembra non conoscere né il copyright né i marchi registrati. Quando parlo di Cina, non mi riferisco alla popolazione cinese, ma al governo cinese, e le considero due entità distinte. Non è il Cinese che fa la borse delle grandi firme contraffatte che viola le nostre leggi sul copyright e sui brevetti d’impresa, ma è il governo cinese che non riconosce la proprietà intellettuale e i diritti sulle opere d’ingegno e d’invenzione.
Periodicamente i media espongono le lamentele, motivate, degli stilisti, dei produttori di rubinetti, di oggetti e congegni inventati dai nostri piccoli imprenditori ed artigiani creativi. Ci copiano tutto, il governo promette contromisure, ma poco di efficace viene fatto.
Questo che segue è la dichiarazione propagandistica di uno dei tanti accordi.
Italia in Cina 2006
Il 2006 sarà l’Anno dell’Italia in Cina. Lo ha annunciato ufficialmente il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della sua visita di Stato (4 – 9 dicembre 2004).
Il 6 dicembre 2004 il Ministro degli Esteri italiano On. Gianfranco Fini e il Ministro della Cultura cinese sig. Sun Jiazheng hanno firmato un memorandum d’intesa su Italia in Cina 2006, una rassegna che dovrà prevedere una serie di eventi “eminentemente, ma non soltanto, di natura culturale”.
Nel memorandum vengono citati: arti visive (incluse architettura e design), storia, scienza e tecnologia, artigianato artistico, danza, teatro, musica, cinema, fotografia, moda, sport, tradizioni popolari e festival, seminari e simposi, festival culinari e altre manifestazioni.
E’ il “primo grande appuntamento che abbiamo”, ha sottolineato il Presidente Ciampi, “è il traguardo di medio termine per consolidare la credibilità del Sistema Italia.
L’Anno dell’Italia in Cina sarà la vetrina della nostra creatività, una straordinaria opportunità per promuovere il made in Italy e per attrarre flussi turistici e investimenti. Farnesina, Ministero dei Beni Culturali, Ministero delle Attività Produttive, ICE, ENIT, Confindustria, sistema camerale, enti fieristici, aziende e consorzi privati, distretti industriali, banche, fondazioni, regioni, province e comuni, città gemellate e molti altri attori potranno offrire e vedere valorizzato il proprio contributo.
Italia in Cina 2006 dovrà proporre e armonizzare gli infiniti volti del nostro Paese, suscitare emozioni, fondere economia e cultura, proiettare l’immagine di una civiltà millenaria lanciata nel futuro.
Italia in Cina 2006 dovrà dimostrare che la tecnologia di oggi è frutto di una storia antica, che tra Leonardo da Vinci e la Ferrari c’è un lungo cammino d’ingegno e passione, che il made in Italy non è solo un marchio d’origine, ma è un’arte di fare, che viene da lontano.”
Fonte: http://www.esteri.it/coordinamentocina/anno.asp (pagina non più online)
Sono davvero delle belle parole che descrivono una scena paradisiaca, sono Relazioni Pubbliche, PR.
I governi non sono umani. Sembra infatti che la definizione di benessere che conoscono sia solo quella di “benessere economico” e che il senso etico e i principi morali dei cittadini siano irrilevanti o per lo meno di minore importanza.
Il denaro è importante, ma ci sono dei valori che se non vengono tenuti in considerazione spingono le persone verso il più gretto materialismo, in cui la felicità è un miraggio e una parola di cui sempre meno si conosce il significato, non importa quanto denaro possano fare affluire nei loro conti bancari.
I Diritti dell’Uomo
Ogni tanto i media parlano delle violazioni dei diritti umani nei vari paesi dove avvengono e riportano le varie dichiarazioni di disapprovazione del nostro governo, poche e stringate in verità, ma la cosa si ferma lì. Non c’è una massiccia esposizione dei misfatti e forte disapprovazione e non si prendono ferme posizioni nel timore che il paese accusato possa diventare suscettibile e lasciarci fuori dal business, e la nostra fetta andrebbe alla Francia o alla Germania con grande sfregamento di mani dei nuovi beneficiati.
Davvero a tutti gli italiani non importa che il nostro governo stringa accordi con un altro governo che tiene schiavi i suoi cittadini, privandoli della libertà di parola e di pensiero, non permette nessuna pratica religiosa indipendente, dove vige la pena capitale, che ha distrutto la cultura del Tibet dopo averlo invaso, che vende gli organi dei condannati a morte, che estirpa movimenti religiosi incarcerando i suoi membri e torturandoli a morte? E’ così irrilevante da poter essere ignorato in cambio di vantaggi economici?
Non è necessario, anzi, ripeto, lo considero un suicidio oggi interrompere i rapporti economici con la Cina, ma è necessario che il nostro governo faccia veramente pressione affinché quello cinese introduca il rispetto dei diritti umani, e non si ceda all’invito di non parlare delle continue violazioni nel timore di rovinare le relazioni fra i due paesi.
Sanno i cittadini italiani, e anche i governanti, che cos’è veramente il partito comunista cinese? Sono al corrente delle azione distruttive ed efferatezze che perpetra contro il popolo cinese? I governi sicuramente qualcosa sanno, hanno i sistemi d’informazione e d’intelligence a disposizione, ma si prendono licenza di non rendere tutto noto ai cittadini forse perché ritengono che sia per il loro bene o forse perché potremmo protestare per il fatto di scoprire quanto il nostro desiderio di solidarietà e i nostri veri valori di semplici cittadini sono mal rappresentati, di certo molti non accetterebbero che il nostro governo passasse sopra la violazione dei diritti umani con tale leggerezza.
Stringere rapporti economici e culturali con governi che considerano i loro cittadini dei nemici da eliminare solo perché dissentono dall’ideologia del regime, o perché rappresentano una minaccia per quadri corrotti, significa di fatto approvare il modo in cui agiscono, non importa quanto diplomaticamente si esprima disappunto, se non si agisce con fermezza per contrastare gravi violazioni dei diritti dell’uomo.
Naturalmente chi è ben addentrato nei giochi della politica leggerà questo articolo con sufficienza, conscio che i Diritti dell’Uomo hanno una priorità bassa in Geopolitica, ci sono cose più importanti a cui va prestata la massima attenzione per mantenere in equilibrio i vari assetti, seguendo le strategie approntate dagli esperti che studiano le aree di mercato potenziali del futuro, in cui il singolo individuo conta ben poco.
Tuttavia non si deve dimenticare che ci sono cittadini ai quali importa sì il benessere economico, non c’è alcuna ragione di vivere in miseria, ma considerano anche importanti i principi, i valori e le convinzioni religiose propri e di ogni essere vivente del pianeta e che hanno eletto i loro candidati perché li rappresentassero al fine di difendere e promuovere anche tali valori.
E se non lo stanno facendo, non importa a quale partito appartengano, non stanno rappresentando i loro elettori.
Conclusione
Molti sono i paesi dove i Diritti dell’Uomo sono costantemente violati, e in alcuni i cittadini nemmeno sanno che esistano. La Cina ben rappresenta la violazione di tali diritti perché mentre leggi questo articolo molto probabilmente un innocente cittadino, ”reo” di dissentire dalla linea del regime, sta morendo a causa delle torture subite o i suoi organi stanno per essere espiantati mentre ancora respira, dopo essere stato torturato, essendo fallito il tentativo di fargli abbandonare le sue idee personali non gradite al regime.
Quello che segue è un estratto dei “Nove Commentari sul Partito Comunista Cinese” un importante documento che mostra il Lato Oscuro della Cina.
Lo scopo della lotta di classe del CCP (Partito Comunista Cinese) è quello di continuare a generare caos, attraverso il quale si può fermamente auto-stabilire come l’unico e il solo partito dominante della Cina, usando l’ideologia del partito per controllare il Popolo Cinese. Istituzioni governative, esercito e i nuovi media sono tutti strumenti usati dal CCP per mantenere la sua dittatura. Il CCP, avendo procurato dei mali insanabili alla Cina, è esso stesso sull’orlo della scomparsa ed il suo collasso è inevitabile.
Alcune persone si preoccupano che il paese cadrà nel caos quando il CCP andrà a pezzi. Chi prenderà il suo posto per governare la Cina? Per i 5.000 anni di storia della Cina i soli 55 dominati dal CCP sono pochi come una nuvola passeggera. Sfortunatamente, tuttavia, durante questo breve periodo di tempo, il CCP ha frantumato i valori e le credenze tradizionali cinesi; ha distrutto i principi morali tradizionali e le strutture sociali; ha trasformato l’amore e le cure fra esseri umani in critiche e odio; ha sostituito il riguardo per i cieli e la terra con l’arroganza de “l’uomo che conquista la natura.” Queste distruzioni hanno saccheggiato il sistema sociale, morale ed ecologico, lasciando la Cina in una crisi profonda.
Nella storia della Cina ogni capo benevolo ha visto come suo dovere di governare, amare, nutrire ed educare il popolo. La natura umana aspira alla gentilezza ed il ruolo del governo è quello di promuovere quest’innata capacità umana. Mencio disse: “ Questa è la via per il popolo: Quelli che hanno mezzi costanti di sostegno avranno costanza nei loro cuori, mentre quelli senza mezzi costanti di sostegno non avranno costanza nei loro cuori.” [9] L’educazione senza prosperità è stata inefficace; i capi tirannici che non amavano la gente ma che invece uccidevano gli innocenti sono stati disprezzati dal Popolo Cinese.
Nei 5.000 anni di storia cinese ci sono stati molti capi benevolenti come l’Imperatore Yao e l’Imperatore Shun nei tempi antichi, l’Imperatore Wen e l’Imperatore Wu della Dinastia Zhou, l’Imperatore Wen e l’Imperatore Jing della Dinastia Han, l’Imperatore Tang Taizong nella Dinastia Tang e l’Imperatore Kangxi e l’Imperatore Qianlong nella Dinastia Qing. La prosperità goduta sotto quelle dinastie era il risultato del governo che praticava il Tao celeste, seguendo la dottrina della via di mezzo e cercando pace e armonia. Le caratteristiche di un capo gentile sono quelle di utilizzare la gente virtuosa e capace, di essere aperto alle differenti opinioni, di promuovere la giustizia e la pace e di dare al popolo ciò di cui ha bisogno. In questo modo i cittadini ubbidiranno alle leggi, manterranno un senso di decoro, vivranno felicemente e lavoreranno efficientemente.
Guardando agli affari del mondo spesso ci chiediamo chi determina la prosperità o la comparsa di uno stato, anche se sappiamo che la crescita e la decadenza di una nazione hanno le loro ragioni. Quando il CCP non ci sarà più possiamo aspettarci che la pace e l’armonia ritorneranno in Cina. La gente tornerà ad essere sincera, benevolente, umile e tollerante, e la nazione di nuovo si occuperà dei bisogni fondamentali del popolo e tutte le professioni godranno di prosperità.
Si ringrazia The Epoch Times per il permesso accordato a Medicinenon.it per la pubblicazione di estratti dai Nove Commentari.
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