Trento. Oggi per la prima volta Giorgio (nome di fantasia) ha dormito tra le lenzuola del letto preparato con cura e amore dai suoi genitori, che finalmente hanno potuto riabbracciarlo tra le mura domestiche. Questo grazie a un’assistente sociale che è andata personalmente a Milano per assicurarsi che il bambino potesse essere restituito all’amore dei suoi cari.
La vicenda, di cui mi occupo personalmente da anni, è iniziata a causa di una crisi psicologica della mamma che ormai è stata risolta da anni. Nonostante il papà non avesse alcun problema, il bambino era stato tolto alla famiglia per un “eccesso” di prudenza, come ormai io e altre associazioni denunciamo da anni. Invece di aiutare le famiglie in difficoltà, a volte si preferiscono allontanare i bambini. Per alcuni operatori sociali incompetenti e poco umani è più facile allontanare il bambino che gestire le criticità di situazioni e relazioni famigliari complesse. E l’allontanamento è certamente redditizio per molte cooperative del privato sociale i cui soci e operatori si sono ormai infiltrati nel settore sociale in una fitta e inestricabile ragnatela di conflitti di interesse.
Ma come sostengo da anni, molti operatori sono umani e vogliono veramente il bene dei minori. Ma forse non tutti hanno il coraggio di andare fino in fondo e tutelare veramente un minore. Anche quando si scopre che un allontanamento era frutto di errori, incomprensioni, negligenze, ecc. da parte di colleghi e professionisti, non è certamente facile tornare indietro. Nel caso di specie, il bambino era persino finito al Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi familiare (CBM) di Milano aggiungendo ulteriori sofferenze alla famiglia a causa della distanza. L’assistente sociale dopo lo studio del caso si era resa conto che il bambino sarebbe dovuto tornare a casa, anche in seguito a una relazione positiva del CBM stesso. Ma dopo la sua decisione di riportare effettivamente il bambino a casa ha incontrato delle enormi difficoltà e resistenze.
Il CBM ha iniziato a opporsi al rientro proponendo persino il ricovero in una comunità psichiatrica per minori. Io stessa, contattata dalla famiglia, ho chiesto aiuto all’assessore Violetta Plotegher, che come al solito ha ascoltato con “attenzione e interesse” ma poi non mi risulta abbia fatto assolutamente nulla. Nonostante le opposizioni della struttura privata e il disinteresse dell’assessore, la dottoressa non si è arresa. Ha preso ed è partita per Milano per riportare il nostro bambino a casa. Ora finalmente grazie al suo coraggio, il bambino ha potuto riabbracciare i suoi cari.
Questa storia è finita bene. Ma quanti altri bambini non hanno avuto la stessa fortuna? C’è bisogno di una riforma del sistema e le persone coraggiose e umane come questa assistente sociale dovrebbero essere premiate e riconosciute. Per tutelare i nostri bambini servono persone così.
Gabriella Maffioletti
Consigliere Comunale di Trento e Delegata nazionale di Adiantum