Vediamo prima dove si trova la Terra.
La Terra, insieme ad altri otto pianeti principali e diversi pianeti nani, gira intorno ad una stella, il Sole, formando un Sistema Stellare.
I sistemi stellari tendono a formare insiemi più o meno grandi, detti galassie. Le galassie formano gli ammassi e tutti gli ammassi costituiscono l’Universo. Esistono diversi tipi di galassie. Ci sono quelle, per così dire, normali, e quelle nane. La differenza sta nelle dimensioni. La Via Lattea contiene più o meno cento miliardi di stelle. Una galassia nana ne contiene fino a qualche miliardo. Le galassie hanno forme sia ellittiche che a spirale. La Via Lattea è una galassia a spirale, come Andromeda, ma un po’ più piccola. Le galassie a spirale hanno un nucleo centrale, molto denso, e dei bracci ruotanti, che si avvolgono più o meno strettamente attorno al nucleo. Il sole si trova a circa due terzi dal centro della galassia, sul braccio detto di Orione. Al centro della galassia c’è il famoso buco nero.
E così via, questo è tutto quello che mi basta sapere per offrire una visione ben diversa da quella sostenuta dalla chiesa cattolica nella buia era medioevale e pure durante il Rinascimento, che metteva la Terra al centro dell’Universo, al contrario di Galileo, che sarebbe finito arrosto se non avesse rinnegato la sua tesi che invalidava quanto affermavano le incontestabili Sacre Scritture.
Tutto questo tuttavia non risponde alla domanda “Che ci faccio qui? E dov’è questo qui?” Se sappiamo dove si trova la Terra, rimane da rispondere dove si trova l’Universo, dove si trova il Dove e così via all’infinito e infine Perché?
Ogni religione ha la sua spiegazione del perché siamo qui, e parlano in genere di un Disegno Divino, del perché della creazione e mettono l’uomo al centro della creazione.
La scienza materialista esclude l’esistenza di Dio, ma chi o che cosa sia Dio comunque non è molto chiaro.
Molte religioni danno una definizione antropomorfa di Dio e lo rappresentano come un vecchio saggio con la barba dall’aria minacciosa che va temuto, rispettato, adorato e amato, fermo restando che è alquanto difficile amare qualcuno che deve essere anche temuto.
Dio viene definito anche come Essere Supremo, espressione di infinita bontà e alcune filosofie sostengono che ci sono molti Dei, altre che ognuno di noi è Dio, che tutto quello che ci succede viene da Dio, che Dio ci ama anche quando ci fa arrivare addosso delle disgrazie.
Tutte queste affermazioni, spesso contraddittorie, fanno sorgere degli interrogativi in chi vuole avere risposte certe e alcune religioni rispondono con un comodo artificio, introducendo i dogmi. In pratica non danno una risposta ma dicono che devi avere fede senza sapere, come prova della tua sincera disposizione verso Dio, il tuo Creatore. Tutto questo porta nella mente di un essere una grande confusione. Una confusione è un insieme di dati contrastanti fra loro che turba un individuo e per mettersi al riparo dal disagio che ne deriva, se non riesce a risolvere la confusione, non gli resta che dare forfait e prendere per buona una delle tante spiegazioni sulla quale baserà la sua relazione con Dio, o non relazione se opterà per l’ateismo.
Ci si può quindi dare al fanatismo religioso sostenendo a spada tratta le teorie della dottrina d’appartenenza, ci si può mettere una pesante pietra sopra e vivere come propone la Canzone di Bacco:
Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.
o si può rimanere con un dubbio dormiente, che periodicamente riappare nella mente invogliandoci a cercare la verità.
Alcune filosofie sostengono che siamo qui per imparare, per realizzare la nostra vera natura, che tutto dipende dal karma, che finché non avremo pareggiato le nostre azioni cattive con altrettante buone dovremo rinascere qui per poi andare nell’Aldilà e non reincarnarci più. Ma anche cosa sia questo aldilà contrapposto all’aldiqua e cosa faremo una volta nell’aldilà è alquanto fumoso.
Esistono dei criteri per determinare i dogmi: ad esempio nel cristianesimo un criterio tradizionale per stabilire se una dottrina è verità di fede è che essa sia stata creduta “da tutti, da sempre, ovunque”, stabilendo quindi come parametri validi l’antichità e il consenso universale. I dogmi possono essere ulteriormente chiarificati ed elaborati, ma non negati. Il rifiuto del dogma può portare all’esclusione dalla partecipazione al culto. – da wikipedia (Dogma)
Accettare un dogma come risposta alle proprie domande significa soccombere. Se nella vita accettassimo questo modo di ragionare ce la passeremmo davvero male e purtroppo succede in molti settori, come nel campo medico, per esempio. Sarà meglio cercare delle risposte migliori se si vuole uscire dalla confusione che attanaglia l’essere umano, confusione che è la ragione fondamentale per cui si trova in questo posto a vivere una vita per certi versi inconsapevole e non sempre nel modo in cui desidera, apparentemente costretto da eventi non sotto il suo controllo.
La risposta a quale sia lo scopo della propria esistenza, e di tutte le forme viventi sulla Terra soddisfa anche le domande del tipo “Chi sono?” e “Perché sono qui?”.
Secondo le attuali teorie scientifiche, l’Universo e la vita sono parte del succedersi di eventi dovuti a cause esclusivamente naturali. In effetti, in scienza non si parla mai di “creazione dell’Universo”, nozione che implica l’azione di un essere soprannaturale “creante”, ma piuttosto di “origine dell’Universo”. È invece definito da ricercatori di ispirazione religiosa “scienza della creazione” il tentativo di integrare la scienza e la fede Abramina prendendo spunto dalle cause sovrannaturali della creazione descritte nella Bibbia nel Libro della Genesi e applicando il metodo scientifico nell’interpretazione dei fenomeni osservabili. Questo tentativo è tuttavia considerato pseudoscienza dalla comunità scientifica.
Il Buddismo normalmente ignora le questioni riguardanti l’origine della vita. Il Buddha a questo riguardo disse che congetturare circa la fine del mondo porterebbe solo noia e follia.
Il Buddha affermò di non avere intenzione di esplicare queste origini perché le stesse non avevano nulla a che fare col suo obiettivo, il raggiungimento dell’illuminazione.
Per altri punti di vista espressi da altre dottrine, discipline e filosofie: Cosmogonia
La prima volta che mi sono posto domande riguardo alla nostra esistenza è stato all’età di 7 anni, e devo ringraziare un prete che faceva lezioni di catechismo in preparazione alla prima comunione.
Mi ricordo che ero seduto nei banchi della chiesa, che separava l’oratorio femminile da quello maschile, luogo comune di preghiera e in cui si potevano scambiare sguardi e sorrisi fugaci fra i membri del sesso opposto, spesso scoraggiati da sonori scappellotti dietro alla nuca assestati dal prete quando se ne accorgeva mentre camminava avanti e indietro nel corridoio centrale che divideva le due file di panche, quelle dei maschietti e delle femminucce, durante le sue lezioni, facendo sventolare la sua tonaca.
Durante una di queste lezioni ci disse che se noi fossimo stati buoni, al momento della nostra morte la nostra anima sarebbe andata in Paradiso.
Sebbene l’asserzione poteva sembrare alquanto logica, il pensiero che la mia anima, qualcosa di diverso da me, sarebbe sopravvissuta ed io sarei comunque morto, e la mia esistenza sarebbe cessata per sempre, mi fece cogliere da grande sgomento. La mia inespressa protesta era: “Che me ne importa se la mia anima va in paradiso se io muoio!”
Quel pensiero apparve nella mia mente diverse volte durante l’infanzia e l’adolescenza, ma vivevo comunque da umano spensierato ben pasciuto e coinvolto in tutte le fasi della vita, del gioco, del lavoro, delle relazioni sociali fino a quando ebbi l’opportunità di accedere alla biblioteca comunale. Col tempo realizzai di essere io quell’anima che sarebbe sopravvissuta e non il mio corpo e mi sentii sollevato.
Cercai diversi testi che trattavano l’argomento, persino nelle biblioteche di monasteri sotto gli sguardi divertiti di monaci che mi chiedevano cosa speravo di trovare, e rimasi persino una settimana in un monastero trappista alzandomi al mattino presto, all’ora terza, passando la giornata con loro a pregare, a leggere e a lavorare.
Ero da un paio di anni diventato vegetariano e avevo letto che i trappisti seguivano un formula rigida della Regola di San Benedetto (La Regola Benedettina) che includeva una alimentazione vegetariana, e “scappai” da quel monastero quando scoprii che mettevano il lardo nella minestra e avevano decine di salami e prosciutti appesi in cantina. Secondo la Regola, la carne è proibita a tutti eccetto che ai malati e a chi è debilitato fisicamente, e ogni monaco faceva valere il fatto di avere un raffreddore, una linea di febbre, di essere provato dall’aver spalato tanta neve o di essere anziano, rientrando così nelle eccezioni. La mia speranza di trovare la verità in quel monastero svanì quando realizzai che lì più che la verità si cercava il compromesso.
Mi ero farcito di conoscenza, di informazioni provenienti dai più svariati campi, avevo sperimentato stili di vita persino di carattere ascetico, da solo e in gruppi appartenenti a diverse dottrine e correnti filosofiche, ma la risposta fondamentale, che ci stiamo a fare qui, non era ancora arrivata.
Certamente puoi trovare metodi di rilassarti fino all’ultimo muscoletto del dito mignolo, di svuotare la tua mente, di far levitare il tuo corpo, di concludere fra cent’anni la tua vita serenamente nel tuo letto con il sorriso sulle labbra, ma con la quasi certezza di ritrovarti nella prossima vita ancora qui con la stessa domanda non risposta. E fino a quando non si ha la risposta, si continua a girare sulla ruota della rinascita e morte.
E’ sempre più diffusa l’idea, fra coloro che cercano la verità, che ognuno è responsabile delle proprie azioni, partendo dal fatto che in questo universo a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Di conseguenza ognuno riceve il frutto delle proprie azioni, “buone” o “cattive” che siano. Questo ci qualifica a pieno titolo come creatori del proprio destino, anche quando potrebbe sembrare che altri ci abbiano procurato effetti indipendenti dal nostro operato, come essere investiti da un auto sulle strisce pedonali o colpiti da una tegola che si è staccata dal tetto, ma solo perché conosciamo solo una parte dell’intera storia. Se si fosse in grado, e non è da escludere, di ricordare tutta la nostra esistenza andando a ritroso fino alla nostra entrata in questo Universo, troveremmo lungo il percorso le azioni da noi fatte che hanno determinato la condizione in sui ci troviamo adesso qui sulla Terra, e arriveremmo quindi anche alla comprensione del perché, se il risultato ora non fosse più da noi desiderato e fosse apparentemente inspiegabile. Se una persona per assurdo si dimenticasse di aver rubato ieri, oggi protesterebbe animatamente perché la vogliono mettere in prigione, non trovando alcuna spiegazione del perché vogliono commettere tale ingiustizia nei suoi confronti. Lo stesso succede ad ogni persona che non si ricorda delle azioni da lei commesse in vite precedenti e delle quali il frutto arriva oggi.
Non è raro imprecare: “Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?!” quando ci troviamo in situazioni indesiderabili che pensiamo di non “meritarci”. La risposta c’è sempre, anche se il ricordo delle azioni che hanno generato il risultato non è al momento accessibile alla nostra memoria.
Il “culto della vittima” altrettanto diffuso nella nostra società attuale, nasce dal fatto che molti non riconoscono il principio di causa ed effetto, ma attribuiscono le disgrazie al fato, al caso, ai cattivi che se la prendono con i “più deboli”, altro cavallo di battaglia dei politici, degli organismi e delle istituzioni che vivono del “culto del debole”, il che fa sembrare che la nostra società sia costituita da una così alta percentuale di disabili e vittime sempre in aumento che un giorno supereranno gli abili, e allora sarà davvero la fine.
Non è una critica a chi si trova in una condizione svantaggiata, né una giustificazione del crimine, ma solo una spiegazione che molte credenze, ideologie e progetti inefficaci rivolti alla soluzione dei problemi sociali nascono dall’errata attribuzione o nessuna attribuzione della causa a chi subisce un determinato effetto.
Ogni soluzione dei problemi materiali, per essere una vera soluzione e non una toppa deve includere necessariamente la soluzione dei problemi spirituali dell’individuo.
I problemi di carattere spirituale derivano apparentemente da cause diverse ma c’è solo una causa primaria, proprio come tutte le malattie che affliggono il corpo umano sono solo gruppi di sintomi che derivano da un’unica causa e non hanno ognuna una singola causa se non successiva alla causa prima, come spiegato nel libro il “Sistema di Guarigione della Dieta Senza Muco“.
Quando ci si chiede: “Chi sono io?” difficilmente arriva la giusta risposta..
Lasciamo perdere l’Io, l’Es, il Super-Io e l’Ego come definiti in psicoanalisi se non vogliamo trovarci ingarbugliati come un gatto che gioca con un gomitolo di lana, come succede agli psicologi freudiani, ante e post freudiani.
Di solito quando ci riferiamo a noi stessi prendiamo in considerazione il nostro corpo e questo modo di pensare ci viene inculcato fin dalla nascita. Quando qualcuno ci chiede quando siamo alti o quanto pesiamo riferiamo l’altezza e il peso del nostro corpo, ma non stiamo rispondendo alla domanda perché ci viene chiesto quanto siamo alti e non quanto è alto il nostro corpo e nemmeno riusciamo a notare l’incongruenza se non ci ragioniamo sopra. Ovviamente anche chi fa la domanda non sta ponendo quella corretta per ottenere la risposta a ciò a cui si riferisce, cioè il corpo della persona.
Ognuno di noi è un essere spirituale che ovviamente non ha altezza né peso se non quando è identificato in qualcosa di materiale che ha peso e altezza.
Questa comunque è l’identificazione più grossolana, ne esistono di più sottili. Ci sono persone che trovano sensato il fatto di essere uno spirito con un corpo o in un corpo e diversi da esso, ma quando pensano a se stessi non possono fare a meno di immaginarsi in una forma antropomorfa, mantenendo l’identificazione nell’immagine del proprio corpo.
Le forme di identificazione sono tante e queste ci impediscono di conoscere di sapere chi siamo, credendo di essere la forma in cui si è identificati, sia essa materialmente solida o di pensiero. Quando si è identificati in qualcosa, sia essa una forma o un concetto, si è convinti di sapere chi si è, difficilmente viene da porsi la domanda “Chi sono?”.
Identificazione significa anche separazione dal resto di ciò che esiste, uno spostamento del punto di vista dalla sommità del Tutto alla ridotta identità in cui si è identificati.
Ognuno di noi è un individuo spirituale. Un essere spirituale non ha dimensioni, in quanto queste appartengono alla materia, all’universo fisico. Quando è totalmente consapevole ha il potere e la capacità di identificarsi con qualsiasi cosa desideri, anche con un intero universo pur mantenendo la consapevolezza della propria individualità.
In questi termini si può dire che la grandezza di un essere dipende dall’oggetto in cui si identifica, sia esso un Universo o un corpo umano. Che si identifichi in un universo già creato o che crei un Universo e poi si identifichi in esso o sia un co-creatore sono domande a cui non è necessario rispondere prima di aver risposto a quelle che riguardano la condizione umana.
Un errore ricorrente in alcune dottrine, filosofie o religioni e quello di considerare ogni singolo individuo come una parte di un Tutto, di un Grande Essere, e che alla fine del viaggio, risalendo dal fondo dell’universo, si ritorni poi tutti ad essere parte di esso, da cui si avrebbe avuto origine, perdendo la propria individualità. In realtà ognuno di noi è un Grande Essere, o meglio ognuno è un Essere in grado di identificarsi in forme materiali o astratte di qualsiasi dimensione desideri, e cessare di identificarsi a suo piacimento, almeno fino a quando mantiene la totale consapevolezza di sé.
Un essere è già un essere unico e l’atto e lo sforzo di individuarsi è un paradosso in quanto non si può diventare qualcosa che si è già. L’individuazione inizia quando la consapevolezza si è ridotta e ci si identifica in un oggetto, (oggetto inteso nel senso più vasto del termine), e si considera di essere quella forma. In pratica da Infinito e potenzialmente in grado di essere ogni cosa che si possa immaginare ci si riduce considerando di essere una forma finita per rafforzare il concetto della propria unicità e di separazione dal resto.
Da creatori si diventa creati, attribuendo la creazione a qualcun altro che in realtà non esiste, perché un creatore può solo creare forme materiali ma non individui spirituali.
Un essere spirituale è infinito mentre un universo materiale ha un inizio, una continuazione e una fine, sorte a cui è destinata ogni cosa in esso presente. L’identificazione nei corpi ci fa sperimentare il ciclo di nascita e morte ogni volta che prendiamo un nuovo corpo, crediamo di nascere e morire, quando questo in realtà succede ai corpi che assumiamo di volta in volta nel corso del tempo, ma questo avviene quando non esiste più la consapevolezza di chi si è realmente.
Come avvenga questa perdita di consapevolezza ognuno lo ritroverà nella sua memoria quando sarà in grado di accedervi. La scienza arriva solo ad ipotizzare un’evoluzione delle forme di vita, sfornando teorie non avendo la possibilità di verificare cosa sia successo realmente. Di certo nemmeno tenta di ipotizzare che prima dell’evoluzione c’è stata una involuzione da cui la vita ha dovuto ricominciare da zero e con essa gli esseri identificati. Comunque sia andata, ogni forma di vita cerca di evolversi per fornire mezzi con cui esprimere le peculiarità spirituali e di conseguenza la propria consapevolezza in direzione del recupero della condizione originaria. Ogni forma di vita su questo pianeta ha uno scopo comune, quello di permettere agli esseri spirituali di raggiungere un sempre più elevato livello di consapevolezza che permetterà loro di ottenere la libertà dalla materia in cui si sono invischiati.
L’umanità è la specie che sta avendo maggior successo sebbene le apparenze possano far sorgere dei dubbi quando osserviamo l’operato di molti dei suoi membri. E ci sono alcuni esseri che non vorrebbero che questo avvenga perché prosperano sul caos e le menzogne e vorrebbero che questo status quo dell’illusione persistesse all’infinito, ma possiamo anche fare in modo che falliscano se mettiamo come nostro obbiettivo primario il conseguimento di una sempre maggiore consapevolezza di noi stessi e del mondo.
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