Quante volte l’abbiamo sentito dire, quante volte l’abbiamo letto sulle etichette, quante volte abbiamo pensato: “Sarà davvero cotone 100%? E che cotone poi?” e siamo rimasti nel dubbio. Le nostre nonne magari avrebbero potuto dare un giudizio esatto sulla qualità della stoffa, noi forse un po’ meno, in questa società di tarocchi e di etichette farlocche.
In ogni caso c’è il tessuto in cotone puro al 100%, vergine, fatto con il filato del cotone raccolto nei campi, non quello ricavato dalla cardatura di vecchi stracci rigenerati o misto a materiale sintetico.
Quello bello, piacevole da indossare, amico della nostra pelle. Non certo a buon prezzo, ma qualche maglietta in puro cotone ancora è possibile comprarla.
Adesso qualcuno mi darà del guastafeste, ma dietro al cotone c’è una breve storia che dobbiamo sapere.
Gli Stati Uniti sono il maggiore esportatore del mondo, seguito dall’Uzbekistan.
E proprio in questo stato, per i più sconosciuto, se non noto per essere una volta parte dell’allora Unione Sovietica, o per la sua bellissima città di Samarcanda, che inizia la storia che voglio raccontare sul cotone.
Dopo che l’Uzbekistan acquisisce di malavoglia l’indipendenza a seguito del collasso dell’Unione Sovietica, ne diventa presidente Islom Karimov, già presidente della Repubblica Socialista Sovietica Uzbeka. Lo diventa vincendo le prime elezioni presidenziali, caratterizzate da brogli elettorali e falsi conteggi.
Con una serie di referendum pilotati, dal 1991 si è mantenuto saldamente al potere fino ad oggi. L’economia è controllata dalla sua famiglia, moglie e figlia posseggono o controllano le industrie più produttive dello stato.
Karimov risolve le opposizioni con la tortura e condanne a morte, a seguito di processi sommari, tramite bollitura, una delle forme più atroci di assassinio. Oggi l’Uzbekistan è l’unico stato al mondo dove viene praticata la bollitura a morte.
Politicamente potremmo definire che esiste un regime “capital-comunista”. La terra appartiene allo stato che l’affitta alle industrie che appartengono a un’oligarchia vicina al presidente e alla sua famiglia che trae profitti tipici del capitalismo, mentre al resto della popolazione si applica il comunismo che garantisce la mera sopravvivenza fisica, se si adempiono obblighi che comportano violazioni dei diritti umani. Nelle città gli stipendi percepiti sono intorno ai 50 dollari al mese, mentre nelle zone rurali l’economia è per lo più fondata sul baratto.
Dopo questa premessa per dare un’idea dell’aria che respira la popolazione Uzbeka, diversa da quella che respirano i turisti che vedono solo le bellezze di Samarcanda, Tashkent, Bukhara, Urgench, la Via della Seta, parliamo del cotone.
A partire da settembre, fino ai primi di dicembre avviene la raccolta. Lo stato ogni anno chiude le scuole e manda forzatamente i bambini nei campi a raccogliere il cotone. E’ una proposta che non può essere rifiutata.
Il 90% del cotone viene raccolto a mano da centinaia di migliaia di bambini. I profitti sono ingenti, ma la popolazione non riceve alcun beneficio da questi. I bambini ricevono qualche spicciolo se raggiungono la quota che viene assegnata, altrimenti nulla. La quota può arrivare a cinquanta chili al giorno di cotone per i più grandi, e data la sua leggerezza, puoi immaginare quanti fiori devono strappare a mano dalle piante.
Chi non raggiunge la quota viene picchiato, minacciato di venire bocciato e i bambini più grandi anche imprigionati. Chi scappa o si rifiuta di lavorare viene minacciato di espulsione dalla scuola.
I bambini più grandi vengono mantenuti in dormitori improvvisati nelle piantagioni più remote lontane dai centri abitati in condizioni non igieniche e con poco cibo. Poco ma energetico: pane e zucchero. Mangiano e dormono su materassi direttamente sul pavimento. Sono state registrate anche delle morti a causa di incidenti, e un suicidio di una ragazzina dopo essere stata duramente rimproverata per non aver raggiunto la sua quota giornaliera.
I bambini vengono impiegati anche prima della raccolta per applicare i pesticidi e molti presentano poi sintomi tipici di avvelenamento e ustioni sulla pelle causate dalle sostanze chimiche impiegate, molto tossiche ed aggressive in quanto non soggette al controllo come nel caso di coltivazioni ad uso alimentare.
Lo stato organizza il lavoro minorile, dichiarando ufficialmente che viene eseguito su base volontaria, impiegando anche gli insegnati come caporali e capisquadra, senza alcun compenso supplementare, il che li rende ancora più incattiviti verso i bambini.
A volte i bambini scappano a casa e i famigliari devono subito rimandarli nei campi a riprendere il lavoro immediatamente. Se non lo fanno, vengono tagliati i fili della luce, chiuso il gas e a volte persino l’acqua. I genitori che protestano vengono picchiati e a volte arrestati, a meno che non abbiano 200 o 300 dollari da pagare a funzionari corrotti dediti alla ricerca dei bambini in fuga. Ma pochi genitori sono in grado di pagare.
I pochi piccoli produttori privati che non usano il lavoro minorile devono comunque vendere il cotone all’oligarchia controllata dal presidente e la sua famiglia.
Il parlamento europeo è al corrente di tutto, e nonostante questo incentiva l’importazione del cotone dall’Uzbekistan. Quasi tutta la produzione arriva sul mercato europeo. L’economia viene prima, e visto che i cittadini europei non vengono informati dei retroscena dietro la produzione del cotone, i diritti umani vengono dopo.
Il governo uzbeko ha dichiarato che l’anno scorso sono state vendute 600.000 tonnellate di cotone con un’entrata di 500 milioni di dollari nelle casse dello stato (oligarchico).
E’ un cotone molto bello, raccolto dalle delicate manine dei bambini, con il quale poi si ottengono i prodotti finiti che trovi nelle migliori boutique. Un tessuto dalla trama forte durevole, fresco, delicato sulla pelle. Ognuno dovrebbe averne almeno un capo.
Avrai sentito parlare, fra le tante, dell’abbigliamento per bambini Gymboree. Anche Gymboree acquista proprio quel cotone.
Raccolto dai bambini uzbeki per i nostri bambini.
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