Spesso, o qualche volta, abbiamo chiesto ai nostri figli: “Vuoi un panino con il prosciutto?”
La consuetudine e il modo in cui siamo stati educati, la cultura in cui viviamo, ci ha addormentati al punto che nemmeno ci rendiamo conto cosa realmente significhi quella frase. E’ una frase condensata, ridotta ai minimi termini, dopo che nostro figlio o nostra figlia ha detto sorridendo “Si! Ho proprio fame!” prepariamo il “panino con il prosciutto”, distendendo bene le fette, togliendo con cura il grasso ai lati. E ci mettiamo anche la sottiletta.
Nulla passa nella nostra mente che dietro al prosciutto, c’è un maiale, che ha vissuto in una stretta gabbia, senza possibilità di muoversi, in un ambiente innaturale, che ha preso infezioni, trattate con antibiotici, la cui percezione del mondo è stata ridotta a quanto vede attraverso le sbarre di fronte a sé. E’ stato morsicato dal fratello vicino, infastidito dalla continua presenza gomito a gomito, picchiato dall’allevatore per farlo spostare perché doveva spalare gli escrementi ormai oltre la soglia limite. E’ stato trasportato al macello, tirato con corde e ganci, sgozzato e appeso ancora vivo e infine una parte è diventata il prosciutto che stiamo mettendo nel panino di nostro figlio o di nostra figlia.
Si può rispondere: ”Eh va beh, è la vita… Dobbiamo pur mangiare, oh no?” Se si risponde così, la propria coscienza è addormentata. o meglio, la nostra consapevolezza e capacità di essere responsabili non va oltre la razza umana.
C’è un libro che potrebbe risvegliare la coscienza di molte persone. Lo consiglio veramente. La cosa incredibile è che è stato scritto da un ex-macellaio, e questo significa che i contenuti sono scritti con cognizione di causa.
Gabbie Vuote – La sfida dei diritti animali non è un libro che attacca, è cortese ma inflessibile, fornisce spiegazioni sui diritti degli animali al comune cittadino e lo invita ad unirsi alla lotta per la liberazione animale.
Il viaggio di Tom Regan, da macellaio a difensore dei diritti degli animali, è un filo comune utilizzato in tutta l’ampia narrazione. Per esempio, aiuta a spiegare:
Il ruolo dei media gioca nel disinformare il pubblico riguardo agli attivisti ed è definito come potere esercitato dalle principali industrie che usano gli animali. In parole povere, il pubblico ha un’immagine negativa degli attivisti, perché questa è l’immagine presentata dai media, e i media presentano questa immagine perché questa serve agli interessi delle grandi industrie che usano gli animali – che guarda caso pagano un sacco di soldi per la pubblicità sui media, per esempio.
Gabbie Vuote smaschera l’ipocrisia di queste industrie e mostra perché ciò che i loro portavoce dicono riguardo a come loro trattano gli animali (cioè che queste industrie trattano gli animali “umanamente”) non è falsa a volte. E’ sempre falsa. Il libro aiuta i lettori a capire perché non si dovrebbe mai credere a questi portavoce.
Gabbie Vuote porta il lettore all’interno di concerie, industrie della pelle e delle pellicce, allevamenti intensivi, e macelli, tra gli altri posti. Quello che scopriamo non è piacevole. Quello che scopriamo è la verità. E la verità è tutt’altro che “umana”.
Il pubblico non potrà mai chiedere un cambiamento nel modo in cui sono trattati gli animali, se non sa come sono trattati gli animali. Gabbie Vuote fornisce ai lettori la conoscenza necessaria, superando qualsiasi altro libro sul mercato per profondità e ampiezza degli argomenti che tratta.
Il movimento dei diritti degli animali non va da nessuna parte (salvo che all’indietro) se troppe poche persone vogliono fare diventare i suoi obiettivi una realtà. Tra i principali ostacoli al progresso reale c’è il comportamento degli attivisti stessi. Paradossalmente, possiamo essere essere il peggior nemico degli animali. Altre volte siamo così presi nell’offrire ai media scene oltraggiose o di cattivo gusto dando ai diritti degli animali una cattiva fama. Queste e altre “deviazioni” (compresi atti di vandalismo e altre forme di violenza) vengono esaminate nel libro. I lettori vengono incoraggiati a non generalizzare basandosi sul comportamento di pochi. Non tutti gli attivisti perpetrano atti di violenza, solo un piccola parte, davvero una manciata.
Gabbie Vuote è scritto in uno stile rilassato, colloquiale. Anche se l’argomento è serio, vi trova posto anche l’umorismo. Ma soprattutto, racconta una storia piena di fede e di speranza: la fede nella bontà dell’umanità, la speranza per un futuro migliore per gli animali.
di Tom Regan
Alcuni anni fa, il network Home Box Office mandò in onda un programma intitolato “Amare o Uccidere: L’Uomo contro gli Animali” (To Love or to Kill: Man vs. Animals). Raccontava una storia affascinante e al tempo stesso inquietante di come culture diverse trattano gli stessi animali in modo diverso. Una parte del filmato particolarmente agghiacciante porta i telespettatori a cena fuori in un piccolo villaggio cinese. Come tu sai, in alcuni ristoranti il cliente va a scegliere tra astici, aragoste o altri pesci vivi tenuti in una vasca. E che poi, dopo che è stato scelto, il pesce viene ucciso e cucinato secondo i desideri del cliente. In quel ristorante cinese le cose avvengono nello stesso modo, solo che il menu è differente. Il cliente viene invitato a scegliere fra cani e gatti.
Il video continua. Prima si vede il cliente affamato che ispeziona cani e gatti, ammassati come sardine in gabbie di legno. Si vedono il cliente e il cuoco che parlano, poi vediamo che viene conclusa la scelta, e il cuoco prende con delle lunghe pinze di metallo un gatto bianco dal muso sbarazzino e si affretta a portarlo in cucina. Quello che segue non è piacevole da leggere, sentiti libero di passare al paragrafo successivo.
Mentre il gatto cerca di mordere e graffiare, il cuoco lo colpisce più volte con una sbarra di ferro. Il gatto si dibatte e miagola ancora di più e viene immerso in una vasca di acqua bollente per dieci secondi. Ancora vivo gli viene tolta la pelle dalla testa alla coda. Poi l’animale traumatizzato viene gettato in una vasca di pietra. La telecamera zooma sugli occhi vitrei e il suo respiro lento, fino a quando, esalato l’ultimo respiro, muore. L’intero episodio, dalla selezione all’ultimo respiro dura diversi minuti. Quando il pasto è servito, i commensali mangiano con appetito, ringraziando ed elogiando il cuoco.
Non sono mai rimasto più stordito in tutta la mia vita. Ero letteralmente senza parole. Come molti, sapevo già che alcune persone in Cina, Corea e altri paesi mangiano cani e gatti. Il video mi ha insegnato una cosa nuova sulle abitudini alimentari. Ciò che è risultato nuovo per me, ciò che mi ha fatto indietreggiare con la sedia, è stato vedere come avviene tutta la sequenza. Sentivo un mix di incredulità e rabbia pulsare nel mio petto. Volevo urlare: “Fermati! Cosa stai facendo? Fermati!”
Ma ciò che ha reso le cose più orribili, almeno per me, era come le persone si comportavano. Per loro, tutto era così normale, tutto uhm che buono, solo un dato di fatto. I commensali dicevano: “Ci sarà questo gatto per cena” allo stesso modo in cui diciamo: “Ci sarà questo dolcetto con il caffè.” E il cuoco? Non avrebbe potuto essere meno rozzo nell’ordalia del gatto. Il povero animale avrebbe potuto essere un pezzo di legno, per quanto lo riguardava. Non ho mai visto gente comportarsi con tale disinvoltura, così a suo agio, così indifferente di fronte alla sofferenza e alla morte dell’animale. Non credo che molti potrebbero vedere questo episodio e non chiedersi, come me lo sono chiesto io: “Ma dove va a finire questo mondo?”
Dopo la prima volta che ho visto “To Love or to Kill”, ho immaginato diverse varianti del video che ho appena descritto.
Prima variante: tutto è lo stesso come nel video originale, tranne che cani e gatti sono alloggiati in gabbie di grande dimensioni, invece che essere stipati come sardine. Mi chiedo: “Gabbie più grandi farebbero la differenza nel mio modo di pensare? Potrei dire, bene il gatto ha avuto una vita confortevole in una gabbia più grande, avrei ancora da obiettare? La mia risposta è la stessa, avrei ancora di che obiettare riguardo a quello che succede al gatto.
Seconda variante: oltre ad essere in una gabbia più grande, il cuoco tratta il gatto con delicatezza, termina la sua vita con una puntura di pentobarbital che lo porta a una fine senza tribolazioni. Potrei dire: “Bene, il gatto viveva in una gabbia più grande, è stato trattato con delicatezza, è morto in pace, avrei ancora di che obiettare?” La mia risposta è sempre la stessa, avrei ancora di che obiettare.
Questo vuol dire che queste varianti immaginarie contengono la stessa quantità di male come l’originale? No. Gabbie più grandi sono meglio di quelle piccole casse in cui gli animali sono ammassati. Trattamento delicato è meglio di quello violento e crudele. Tuttavia, quando quel gatto bianco dall’aspetto birichino viene ucciso e scuoiato per la cena, anche se aveva vissuto in una gabbia più grande ed è stato ucciso senza inutili sofferenze, avrei ancora voglia di gridare, o almeno implorare: “Fermati! Cosa stai facendo? Fermati!”
Non posso impedirmi di pensare che la stragrande maggioranza delle persone in tutto il mondo, tra cui molti cinesi e coreani, sarebbe d’accordo con me.
Le persone come me, gente che crede nei diritti degli animali, ha sentimenti identici per aquile ed elefanti, maiali e focene allo stesso modo in cui la maggior parte delle persone ha sentimenti per cani e gatti. Non fraintendermi. I sostenitori dei diritti degli animali non vogliono che i maiali dormano nei nostri letti o gli elefanti guidano le nostre auto. Non vogliamo fare “animali da compagnia” di questi animali. Ciò che vogliamo è qualcosa di più semplice: vogliamo solo che le persone smettano di fare cose terribili a loro.
Gli animali hanno diritti? Persone diverse danno risposte diverse. A volte le persone danno risposte diverse a causa di un disaccordo sui fatti. Per esempio, alcune persone credono che cani e gatti, galline e maiali non sono consapevoli, altri credono invece che lo sono. A volte risposte diverse sono date a causa di un disaccordo sui valori. Per esempio, alcune persone credono che gli animali non abbiano valore oltre gli interessi umani. Altri credono il contrario.
Mi considero un sostenitore dei diritti degli animali – come una parte del movimento dei diritti animali. Quel movimento, come io lo concepisco, è impegnato in una serie di obiettivi, tra cui: l’abolizione totale dell’uso di animali nella scienza; l’eliminazione totale dell’allevamento animale commerciale; l’eliminazione totale della caccia e la cattura a fini commerciali e sportivi. Ci sono, lo so, persone che professano di credere nei diritti degli animali, ma non ammettono questi obiettivi. L’allevamento intensivo, dicono, è sbagliato – viola i diritti degli animali – ma la zootecnia tradizionale è ok. I test di tossicità dei cosmetici sugli animali violano i loro diritti, ma importanti ricerche mediche – la ricerca sul cancro, per esempio – non li violano. Uccidere a bastonate i cuccioli di foca è aberrante, ma non la caccia di foche adulte. Ero solito pensare di poter accettare questo ragionamento. Non più. Non si cambiano ingiuste istituzioni abbellendole.Ciò che è sbagliato – fondamentalmente sbagliato – con il modo in cui vengono trattati gli animali non sono i dettagli, che variano da caso a caso. E’ l’intero sistema. La desolazione del vitello è patetica, strazia il cuore, il dolore pulsante dello scimpanzé con gli elettrodi impiantati in profondità nel suo cervello è ripugnante, la morte lenta e tormentata del cucciolo d’orso con la gamba nella tagliola è agonizzante. Ma ciò che è sbagliato non è il dolore, non è la sofferenza, non è la privazione. Questi sono componenti di ciò che è sbagliato. A volte – spesso – fanno anche molto, molto peggio. Ma non sono l’errore fondamentale.L’errore fondamentale è il sistema che ci permette di vedere gli animali come nostre risorse, che sono qui per noi – per essere mangiati, chirurgicamente manipolati, sfruttati per sport o per denaro.Tom Regan — The Case for Animal Rights |
Il libro è, a mio avviso, l’introduzione migliore al tema singolare dei diritti degli animali che sia mai stata scritta. Nessuno ha spiegato cosa significano i diritti degli animali meglio di Tom Regan. Universalmente riconosciuto per decenni come il principale portavoce filosofico del movimento per i diritti degli animali, Tom Regan ha un punto di vista che è sempre stato radicale, nel senso originario del termine, che va alla radice.
Tom Regan – Gabbie Vuote – La sfida dei diritti animali
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