Uscire dalla crisi, questo spetta al singolo individuo. Se ti aspetti che un governo, fra quelli attualmente possibili nel nostro panorama politico, ci porti fuori dalla crisi, non puoi che andare incontro a delusioni.
Non è possibile negare che attualmente la politica ha assunto le apparenze di un’attività fallimentare, e considerando tutti gli eventi a cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi a nessuno viene in mente di definirla l’arte di governare.
Non è possibile nemmeno cambiare le cose immediatamente, per prima cosa dovremmo cambiare noi stessi, dovremmo liberarci della disinformazione dilagante riguardo alla politica e delle concezioni erronee che sono diventate credenze radicate che influenzano il nostro modo di pensare e di agire.
Questi articoli offrono un altro punto di vista riguardo alla politica, il governare e l’economia, che di base sono diversi aspetti del vivere.
Il problema di base deriva dal fatto che le strutture di governo, l’apparato statale, hanno raggiunto dimensioni colossali tali da assorbire più della metà della ricchezza prodotta da ogni singolo cittadino. In pratica stai lavorando per due e sei pagato per uno a beneficio di chi gironzola per palazzi dedito a lavori inutili, attività parassitarie o addirittura deleterie.
Essendo il problema causato dalla mastodontica struttura ed essendo pressoché identico il sistema con cui viene amministrata la vita sociale, non cambia nulla se al governo c’è uno schieramento piuttosto che un altro, al di là delle apparenti differenze di obiettivi che vengono presentati in campagna elettorale.
Per esempio, non cambia nulla per il singolo cittadino se sottoposto a pressione fiscale dalla destra o dalla sinistra o dal centro, i soldi li deve cacciare comunque per mantenere la struttura politica e i progetti che i politici pretendono di realizzare a beneficio dei cittadini, cosa che succede molto di rado.
Il modo con cui oggi si governa, o meglio si controlla, il cittadino è contro natura, contro la natura dell’essere umano.
Per poter fare un discorso che abbia senso su un determinato argomento, è necessario dare le definizioni che si intendono usare, di modo che quando la discussione verte intorno a un determinato termine, sia chi parla che chi ascolta abbiano la stessa identica definizione di quel termine, altrimenti gli equivoci sono inevitabili.
Questi sono alcuni termini di cui vengono date le più semplici definizioni possibili:
Politica: L’arte di governare la società
Governare: amministrare uno stato.
Stato:
Amministrare: prendersi cura di beni privati e/o pubblici.
Economia: la scienza che si occupa dell’amministrazione e dell’utilizzo delle risorse esistenti, al fine di soddisfare le esigenze di individui e gruppi.
Le definizioni sono effettivamente ridotte all’osso e incomplete, ma sono al momento sufficienti per l’argomento trattato in questo articolo.
Qualunque possa essere una forma di governo, il suo fine dovrebbe essere il benessere di tutti gli individui che vivono entro i confini del territorio dello Stato di sua competenza.
Il problema principale è che non è possibile stabilire quale sia il benessere, ovvero ciò che soddisfa un cittadino, in una forma universale, perché essendo ogni essere umano diverso, ciò che soddisfa una persona, potrebbe dispiacere un’altra. E non si può nemmeno raggiungere un compromesso perché non è possibile essere soddisfatti a metà. O si è soddisfatti o non lo si è. È inevitabile quindi che qualunque sia il governo al potere vi sia una parte della popolazione soddisfatta e una parte insoddisfatta. Ma il fatto che una parte della popolazione sia comunque soddisfatta, potrebbe esserlo grazie anche a obiettivi non suoi, ma prefissati da un sistema. In una prigione si può essere “soddisfatti” di avere una cella più grande.
Che cos’è un essere umano?
L’essere umano è prima di tutto un essere spirituale che si esprime in questo mondo materiale per mezzo di un corpo umano, oltre a stabilire relazioni di diverso genere con altri esseri spirituali che utilizzano un corpo umano come mezzo di espressione e di relazione.
Che cos’è un essere spirituale?
È senz’altro un creatore, non può fare altro che creare, e gioisce nell’osservare la sua creazione che è sempre in continua espansione. L’universo materiale è l’opera completa, la somma delle creazioni dei singoli esseri spirituali che vivono in esso in una delle tantissime forme materiali organiche, che interagendo cambiano e modellano continuamente questo universo.
In base a questa mia considerazione si potrebbe affermare che ognuno di noi è un Dio creatore che aggiunge il suo tassello per completare il puzzle della creazione totale.
Se le tue credenze ti impongono l’esistenza di un creatore supremo del quale tutti i singoli creatori sono stati a loro volta creati, quindi l’esistenza d’un dio supremo dal quale tutto ha origine, probabilmente sarai d’accordo con l’affermazione che Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza, quindi non avrai difficoltà ad accettare che grazie a come Dio fece l’uomo, è anch’egli un creatore.
Quindi che tu sia consapevole di essere un creatore increato o creda di essere stato creato a immagine e somiglianza di un creatore supremo, questo non ci impedisce di spiegare come agisce l’essere umano nel mondo.
L’uomo non può fare a meno di creare. In quale modo crea l’uomo? Ogni essere umano ha degli obiettivi, fosse anche soltanto soddisfare la sua fame, e per farlo crea dei cambiamenti nell’ambiente presente per raggiungere i suoi obiettivi in un futuro più o meno prossimo.
L’uomo crea agendo per raggiungere determinati fini, che ritiene che abbiano un valore da lui soggettivamente attribuito, con dei mezzi che ritiene utili per raggiungerli. Nella vita sociale il suo impulso a creare trova applicazione nella creazione di beni e servizi voluti da altri membri della società.
Quando non sono presenti forze coercitive l’uomo creatore osserva l’ambiente in cui si trova per scoprire delle scarsità che sa di poter ridurre o risolvere con la sua personale e unica conoscenza per procurarsi i mezzi che gli permetteranno di conseguire i fini a cui ambisce.
Purtroppo certe ideologie politiche hanno denigrato la capacità imprenditoriale paragonando l’imprenditore a uno sfruttatore, quando in realtà non fa altro che dare frutto alla propria creatività, e questa è una capacità di cui ogni essere umano è dotato, che poi la usi o meno. Uno sfruttatore è un imprenditore che abusa della sua capacità imprenditoriale, spesso quando l’orientamento politico facilita tale comportamento, ma questo non fa di ogni imprenditore uno sfruttatore.
Un parlamentare inserito in un contesto politico inconcludente come quello che affligge la nostra società tenterà comunque di attuare in modo perverso l’attività imprenditoriale e tenderà in forma creativa a generare e stimolare situazioni in cui l’esercizio del suo potere possa essere aumentato o esteso, oppure venir giustificato.
La caratteristica naturale dell’essere umano di creare è la stessa che accomuna ogni imprenditore. Di fatto ogni essere umano è per natura un imprenditore, impegnato nel conseguire i suoi fini secondo le sue capacità. Ogni essere umano ha una sua intrinseca peculiare conoscenza in grado di determinare cambiamenti nel mondo, non importa quanto minuscolo possa essere il suo apporto esercitando la sua funzione imprenditoriale.
In assenza di una coercizione che impedisca il libero esercizio di questa funzione imprenditoriale l’uomo risolve gli squilibri presenti nella società e cambia il suo comportamento al fine di migliorare le relazioni sociali, portando quindi ordine dove esiste il caos.
Uno squilibrio può essere costituito da condizioni di vita che sono sfavorevoli al benessere dell’individuo, anche delle più banali, non necessariamente situazioni complesse.
Per fare un esempio appunto banale, in un’area del paese le persone soffrono per il troppo caldo nelle loro case. Questa informazione viene raccolta da un essere umano e si attiva per produrre dei climatizzatori ottenendo dalla vendita un profitto che gli permette di procurarsi i mezzi necessari a conseguire i suoi fini. Contemporaneamente diminuisce o elimina uno squilibrio risolvendo il disagio del caldo eccessivo nell’area dove lui ha operato.
Provvedere agli eventuali reclami per i pezzi che non funzionano bene, sostituire parti difettose, fare nuove produzioni con materiali migliori, equivale a effettuare cambiamenti sul proprio comportamento per venire sempre più incontro alle esigenze degli altri membri della comunità. Cambiamenti che portano ordine nella società.
Ognuno è un creatore e sempre svolge attività imprenditoriale, che sia a capo di un’azienda, oppure un lavoratore. Quest’ultimo esercita l’attività imprenditoriale decidendo di cambiare o no lavoro, di accettare o no un’offerta. Se la scelta è corretta otterrà un lavoro migliore, se invece sbaglia si ritroverà con un lavoro peggiore del primo. Nella prima eventualità raccoglierà i benefici imprenditoriale, nella seconda le perdite. Ma può sempre decidere di creare un’attività se ritiene insoddisfacente il lavoro che gli venisse offerto o non ne trovasse. Questo al di là di tutte le giustificazioni che si possano trovare, per quanto possano sembrare ostacoli irremovibili.
Perché la vita sociale sia allineata con l’ordine naturale delle cose al creatore non può essere negato il possesso della sua creazione.
Di conseguenza non possono essere negati i principi essenziali di rispetto della vita, la stabilità del possesso conseguito pacificamente, il trasferimento di proprietà mediante consenso, la necessità di portare a compimento le promesse fatte.
Nella situazione più semplice un essere umano possiede l’informazione necessaria a raggiungere il fine che si prefigge senza bisogno di doversi relazionare con altri esseri umani. Le azioni in questo caso sono poche e molto semplici e possono essere fatte immediatamente dopo che ha preso una decisione. Per esempio una persona decide di avere pomodori per l’estate e a marzo si mette a vangare l’orto e pianta i semi. Tuttavia la maggior parte delle azioni in cui ci vediamo implicati sono azioni molto più complesse.
Per esempio una persona vuole raggiungere un suo fine ma ha bisogno di una risorsa che non ha a sua disposizione e che non sa dove né come procurarsela. In un altro luogo c’è una seconda persona ha a sua disposizione una gran quantità della risorsa che non serve per il suo fine ma che serve alla prima persona per raggiungere il suo.
Al momento c’è uno squilibrio e non c’è coordinazione. Ci sono due persone con fini diversi e che necessitano di mezzi diversi. Una terza persona lo nota e vede un’opportunità di guadagno e si mette in contatto con la prima per offrirle la risorsa che ha la seconda persona, da cui l’acquista per rivenderla alla prima. La funzione imprenditoriale rende possibile il superamento di questo tipo di comportamenti contraddittori o scoordinati.
In questo modo tutte e tre le persone raggiungono ognuna il proprio fine svolgendo l’attività imprenditoriale e si stabilisce equilibrio e ordine.
Questo esempio rappresenta l’attività sociale più consona all’essenza dell’Uomo.
Se non esistessero restrizioni istituzionali o legali al suo libero esercizio, ogni uomo potrebbe esercitare al meglio le sue doti imprenditoriali creando nuova informazione e traendo profitto dall’informazione pratica di tipo esclusivo che sia riuscito a scoprire nelle circostanze di ciascun momento.
E’ la forza innata di creatore che fa muovere l’uomo in modo imprenditoriale in tutti i suoi campi di azione. L’uomo tende a scoprire l’informazione che gli interessa, per cui, se esiste libertà riguardo il raggiungimento di fini e interessi, essi stessi fungeranno da incentivo, e faranno sì che colui che esercita la funzione imprenditoriale motivata da quell’incentivo percepisca e scopra continuamente l’informazione pratica rilevante per raggiungere i fini stabiliti. Se per un motivo qualsiasi si limita o si chiude il campo all’esercizio dell’imprenditorialità in un’area determinata della vita sociale (mediante restrizioni coercitive di tipo legale o istituzionale), allora gli esseri umani non prenderanno neanche in considerazione la possibilità di ottenere o raggiungere fini in quelle aree proibite o limitate, per cui, non essendo possibile il fine, esso non fungerà da incentivo, e di conseguenza non si potrà percepire né scoprire alcuna informazione pratica rilevante per ottenerlo.
La società non è un’entità statica, essendo costituita da esseri viventi, ma un processo (cioè una struttura dinamica) di tipo spontaneo, vale a dire, non progettato coscientemente da nessuno; molto complesso, poiché è costituito da migliaia di milioni di persone con un’infinita varietà di obbiettivi, gusti, valutazioni e conoscenze pratiche; di interazioni umane (che di base sono relazioni di scambio che in molti casi si plasmano su prezzi monetari e si effettuano sempre secondo delle norme, usanze o regole di condotta); mosse tutte dalla forza della funzione imprenditoriale; che costantemente crea, scopre e trasmette informazione, equilibrando e coordinando in modo competitivo i piani contraddittori degli individui; e rendendo possibile la vita in comune di tutti loro con un numero e una complessità e ricchezza di sfumature ed elementi sempre maggiori.
Per natura siamo creatori, e creiamo per mezzo della nostra insita capacità imprenditoriale. Rinunciare ad essa porta a diventare schiavi. – Jesùs Huerta De Soto
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