La Grecia è nei guai. E’ solo la prima vittima dell’Europa Unita dei Signori del Denaro. I nodi arriveranno presto al pettine anche per gli altri stati della Comunità Europea. E’ inevitabile, il sistema adottato nel nostro ambito monetario non può che portare alla bancarotta. Il debito pubblico non potrà mai essere colmato, non perché noi cittadini siamo degli spendaccioni, ma perché gli stati prendono i nostri soldi rastrellandoli con tasse e balzelli di vario genere per darli alla Banca Centrale Europea. Di conseguenza per allontanare il momento in cui lo spettro della bancarotta permeerà l’aria e il suolo italiano ci vogliono soldi da versare in continuazione nell’incolmabile pozzo senza fondo del debito pubblico.
L’unico modo di farlo è quello di imporre nuove tasse o ridurre i servizi attuali, “ridurre le spese”. I governi assicurano che non verranno presi ulteriori soldi dalle tasche dei cittadini, ma se togli i cittadini non ci rimane nessuno a cui chiedere soldi. E dire che verranno ridotte le spese significa che non avrai i servizi per cui ti stanno attualmente tassando e dovrai pagarteli tu. Se non si vuole dare certi servizi, ok, uno può al limite pagarseli, ma non deve essere anche tassato per tali servizi non più dati dalla pubblica amministrazione.
Ma sembra che non dobbiamo preoccuparci: l’United World Wide, la meta finale che si raggiunge passando attraverso gli obiettivi intermedi come l’Italia Unita del Risorgimento e l’Europa Unita attuale, si prenderà cura della nostra economia e purtroppo anche di noi.
Se non facciamo nulla per cambiare la situazione, ovviamente.
Ripropongo un articolo tratto da “Il Giornale” di sei mesi fa, dell’11-12-2009 ma che può aiutare a capire perché la Grecia è ridotta in braghe di tela e perché lo potremmo essere anche noi più tardi.
Quella sovranità della moneta in mani private
Abbiamo ricominciato a tremare per le banche. Abbiamo ricominciato a tremare addirittura per gli Stati, a rischio di fallimento attraverso i debiti delle banche. Si è alzata anche, in questi frangenti, la voce di Mario Draghi con il suo memento ai governanti: attenzione al debito pubblico e a quello privato; dovete a tutti i costi farli diminuire. Giusto. Ma l’unico modo efficace per farli diminuire è finalmente riappropriarsene. Non è forse giunta l’ora, dopo tutto quanto abbiamo dovuto soffrire a causa delle incredibili malversazioni dei banchieri, di sottrarci al loro macroscopico potere?
Per prima cosa informando con correttezza i cittadini di ciò che in grande maggioranza non sanno, ossia che non sono gli Stati i padroni del denaro che viene messo in circolazione in quanto hanno delegato pochi privati, azionisti delle banche centrali, a crearlo. Sì, sembra perfino grottesca una cosa simile; uno scherzo surreale del quale ridere; ma è realtà.
C’è stato un momento in cui alcuni ricchissimi banchieri hanno convinto gli Stati a cedere loro il diritto di fabbricare la moneta per poi prestargliela con tanto di interesse. È così che si è formato il debito pubblico: sono i soldi che ogni cittadino deve alla banca centrale del suo paese per ogni moneta che adopera. La Banca d’Italia non è per nulla la «Banca d’Italia», ossia la nostra, degli italiani, ma una banca privata, così come le altre Banche centrali inclusa quella Europea, che sono proprietà di grandi istituti di credito, pur traendo volutamente i popoli in inganno fregiandosi del nome dello Stato per il quale fabbricano il denaro.
Ha cominciato la Federal Reserve (che si chiama così ma che non ha nulla di «federale»), banca centrale americana, i cui azionisti sono alcune delle più famose banche del mondo quali la Rothschild Bank di Londra, la Warburg Bank di Berlino, la Goldman Sachs di New York e poche altre. Queste a loro volta sono anche azioniste di molte delle Banche centrali degli Stati europei e queste infine, con il sistema delle scatole cinesi, sono proprietarie della Banca centrale europea. Insomma il patrimonio finanziario del mondo è nelle mani di pochissimi privati ai quali è stato conferito per legge un potere sovranazionale, cosa di per sé illegittima negli Stati democratici ove la Costituzione afferma, come in quella italiana, che la sovranità appartiene al popolo.
Niente è segreto di quanto detto finora, anzi: è sufficiente cercare le voci adatte in internet per ottenere senza difficoltà le informazioni fondamentali sulla fabbricazione bancaria delle monete, sul cosiddetto «signoraggio», ossia sull’interesse che gli Stati pagano per avere «in prestito» dalle banche il denaro che adoperiamo e sulla sua assurda conseguenza: l’accumulo sempre crescente del debito pubblico dei singoli Stati. Anche la bibliografia è abbastanza nutrita e sono facilmente reperibili sia le traduzioni in italiano che i volumi specialistici di nostri autori. Tuttavia queste informazioni non circolano e sembra quasi che si sia formata, senza uno specifico divieto, una specie di congiura del silenzio. È vero che le decisioni dei banchieri hanno per statuto diritto alla segretezza; ma sappiamo bene quale forza pubblicitaria di diffusione la segretezza aggiunga alle notizie. Probabilmente si tratta del timore per le terribili rappresaglie cui sono andati incontro in America quegli eroici politici che hanno tentato di far saltare l’accordo con le banche e di cui si parla come dei «caduti» per la moneta. Abraham Lincoln, John F. Kennedy, Robert Kennedy sono stati uccisi, infatti (questo collegamento causale naturalmente è senza prove) subito dopo aver firmato la legge che autorizzava lo Stato a produrre il dollaro in proprio.
Oggi, però, è indispensabile che i popoli guardino con determinazione e consapevolezza alla realtà del debito pubblico nelle sue vere cause in modo da indurre i governanti a riappropriarsi della sovranità monetaria prima che esso diventi inestinguibile. È questo il momento. Proprio perché i banchieri ci avvertono che il debito pubblico è troppo alto e deve rientrare, ma non è possibile farlo senza aumentare ancora le tasse oppure eliminare alcune delle più preziose garanzie sociali; proprio perché le banche hanno ricominciato a fallire (anche se in realtà non avevano affatto smesso) e ci portano al disastro; proprio perché è evidente che il sistema, così dichiaratamente patologico, è giunto alle sue estreme conseguenze, dobbiamo mettervi fine. In Italia non sarà difficile convincerne i governanti, visto che più volte è apparso chiaramente che la loro insofferenza per la situazione è quasi pari alla nostra.
Fonte: Il Giornale
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