La verità su McDonald’s e i bambini
di Morgan Spurlock
Le responsabilità di McDonald’s nella diffusione dell’epidemia consumistica tra i bambini americani
Ogni giorno, dal momento in cui ci alziamo al momento in cui andiamo a dormire, nuotiamo in un mare di annunci pubblicitari che ci comunicano tutti la stessa cosa: consumate. E dopo aver consumato, continuate a consumare.
L’epidemia consumistica inizia a diffondersi dal momento in cui mettiamo qualcosa sotto i denti.
Gli Stati Uniti d’America sono la nazione più grassa del mondo. Il 65% degli americani adulti è sovrappeso, il 30% è obeso. Nei dieci anni tra il 1991 e il 2001, il numero delle persone che soffrono di obesità si è quasi duplicato.
Ma l’aspetto più scioccante è che siamo riusciti a insegnare ai nostri bambini come diventare grassi. Se la percentuale dei bambini americani obesi è rimasta stabile durante gli anni sessanta, negli anni settanta è aumentata. Negli ultimi vent’anni poi, tale percentuale è raddoppiata nei bambini e si è triplicata negli adolescenti. I bambini, oggi, iniziano a diventare obesi dai due anni in poi.
Per quanto preoccupante, tutto ciò non sorprende.
Mentre giravo ‘Super Size Me’ ho mangiato tre volte al giorno, per trenta giorni (il ‘McMonth’), solo cibo di McDonald’s. Durante quel periodo, ogni volta che entravo nei ristoranti McDonald’s non mi capacitavo dei tanti bambini che vi incontravo, accompagnati dai loro genitori. Molti bambini si fermavano per colazione o per un pasto veloce prima di cena, nelle loro piccole e graziose uniformi scolastiche. Bambini in ogni play area a loro riservata. Bambini di tre o quattro anni in festa per gli ‘Happy Meal McBirthday’. O, come mi è capitato di vedere in un McDonald’s di Houston alle 9 del mattino, bambini accompagnati dalle loro madri che, un attimo dopo aver terminato le loro mega-colazioni, consumavano i dolci caramellati alla cioccolata, con frutta e nocciole.
Ray Kroc, l’uomo alla guida dell’impero McDonald’s, comprese dai tempi di ‘DayMcOne’ come i bambini fossero il target su cui puntare. Kroc non aveva ancora rivelato il gruppo dai fratelli McDonald’s che già il clown Ronald McDonald si stava già occupando di sedurre i bambini con hamburger e frullati.
La prima interpretazione del pagliaccio Ronald vedeva come protagonista l’uomo delle previsioni del tempo della NBC, Willard Scott, ai tempi sua giovinezza. Scott si rese celebre per il personaggio di Bozo il Clown, presente sulle reti televisive locali negli anni sessanta. Quando lo show venne cancellato dai palinsesti, un’impresa di McDonald’s in franchising chiese a Scott di riproporsi come un clown che diventasse un’attrazione per i bambini nei ristoranti. Krock ne apprezzò l’interpretazione e decise di estendere l’iniziativa a tutti i ristoranti del paese.
Ma, prima di fare ciò, Krock licenziò Scott, avendo intuito le implicazioni negative che un messaggio pubblicitario con protagonista un clown che ingrassa mangiando panini avrebbe portato.
Da quel giorno, infatti, non si è mai visto Ronald McDonald abbuffarsi dei panini di McDonald’s, per lo meno non in veste di icona pubblicitaria. Ronald canta, balla, ridacchia, sorride ai bambini che gli si rimpinzano davanti, ma non tocca mai cibo.
Perché? Probabilmente perché le cose stanno come il rapper Eazy–E canta nel suo ultimo pezzo “The Dopeman”: “Non ‘strafarti’ di quello che il tuo fisico non può sopportare”.
Kroc aveva ben presente il potenziale di successo che poteva avere l’idea di far apprezzare McDonald’s come un luogo di intrattenimento e svago per il bene delle famiglie americane. Un posto che abbia un cuore, non che provochi attacchi di cuore.
Presto, iniziò a promuovere l’immagine di McDonald’s sostenendo gli istituti di beneficenza rivolti ai bambini. John F.Love, l’autore di ‘McDonald’s: Behind the Arches’ ha commentato a proposito: “Si trattava di una strategia, al tempo stesso creativa e non dispendiosa, volta a costruire la propria immagine e a consolidare un’eccellente reputazione nei confronti del grande pubblico. In realtà, un’idea commerciale al 99%”.
Così, mentre oggigiorno sempre più bambini vengono ricoverati per malesseri legati ad una cattiva alimentazione, sono nati gli ‘Istituti di Beneficenza Ronald McDonald’, volti a dare assistenza (e, soprattutto, pasti McDonald’s) a più di due milioni di famiglie di bambini malati.
Una delle cose che mi ha colpito di più durante il mio McMonth è stato vedere un McDonald’s situato all’interno del Texas Children’s Hospital, un ospedale specializzato negli interventi chirurgici sugli stomaci dei bambini obesi. Immediatamente, ho avvertito la gravità della contraddizione, una palese violazione alla concezione medica del “Primum non nuocere”. Molti ospedali degli Stati Uniti hanno al loro interno strutture di fast food in franchising. L’ospedale pediatrico più prestigioso degli Usa, il Children’s Hospital of Philadelphia, possiede un ristorante di McDonald’s.
Perché non dovrebbe essercene uno anche a Houston?
Recentemente, un’efficace combinazione di corretta informazione e cattiva pubblicità ha spinto diverse strutture ospedaliere a rivedere i propri contratti con i fast-food.
Ronald, però, non si congederà così facilmente.
La Cleveland Clinic, ad esempio, vuole che gli ospedali del paese specializzati in cardiologia si sbarazzino dei loro McDonald’s. Ma, secondo quanto rilasciato dal Cleveland Plain Dealer del 22 novembre dello scorso anno, il responsabile della clinica, il Dr. Toby Cosgrove, avrebbe ricevuto una lettera da parte del vice-presidente di McDonald’s, Mary Ranft, in cui si difende l’accordo di franchising e si assicura di come McDonald’s manterrà gli impegni presi per i prossimi dieci anni come stabilito dall’accordo contrattuale.
I medici del Texas Children’s Hospital mi hanno riferito come fosse difficile riuscire a far mangiare i bambini malati di cancro. L’unico cibo che fosse loro gradito era quello a base di hamburger e patate fritte, alimenti con i quali avevano una certa familiarità.
La stessa spazzatura, infatti, di cui si erano nutriti per tutta la loro giovane vita.
Ma non basta far entrare i bambini nei vostri ristoranti, dovete anche convincerli a tornare.
McDonald’s gestisce qualcosa come 8.000 Playlands in giro per gli Stati Uniti. Queste strutture ricreative risultano particolarmente attraenti per i bambini non abituati a usufruire di parchi di divertimento e aree di svago. Burger King, a sua volta, possiede 3.200 playgrounds.
C’è poi l’ ‘Happy Meal’, lanciato negli Usa nel 1979. A quel tempo costava un dollaro. Dentro un box di cartone coreografato in stile circense i bambini trovavano una formina McDoodler, un libro a puzzle, un borsellino McWrist, un braccialetto e dei cancelletti da lavagna MsDonaldland.
La combinazione giocattoli-pasto si dimostrò un grande successo, assieme all’uscita, proprio quell’anno, degli ‘Star Trek Happy Meals’. Poco dopo uscirono le versioni giocattolo di tutte le mascotte di McDonald’s: Ronald, Grimace, Hamburglar, Mayor McCheese, Big Mac, Birdie e Captain Crook. Più tardi, fu la volta di marchi e personaggi cinematografici come Barbie, Hot Weels, The Little Mermaid, Finding Nemo e tanti altri. Nel 2003, gli Happy Meals hanno raggiunto il 20% di tutti i pasti venduti, per un valore di 3,5 miliardi di dollari.
Ma non dimenticatevi del Mighty Kids Meal, lanciato negli Usa nel 2001. McDonald’s realizzò che i bambini di otto o nove anni non si sentivano più a proprio agio con l’Happy Meal, più adatto ai più piccoli. Venne il momento, allora, del ‘Mighty Kids Meal’, sensibile alle esigenze “dei più grandi”, che offriva un pasto considerevole: un doppio cheeseburger, un doppio hamburger o, a scelta, sei Chicken McNuggets, sempre con un giocattolo allegato.
Si può crescere e, allo stesso tempo, continuare ad amare i giocattoli.
Nel 2004 McDonald’s ha celebrato il venticinquesimo anniversario dell’Happy Meal con un’ininterrotta serie di promozioni e attività pubblicitarie. Inoltre, ne è stata lanciata una versione per gli adulti, il Go Active! Adult Happy Meal, che includeva un’insalata, una bottiglia d’acqua minerale, un libro sugli esercizi fisici e un “giocattolo per gli adulti”: lo Stepometer, per misurare la distanza da percorrere per giungere alla propria auto.
Buon vecchio Ronald. Sotto il suo sorriso, guida generosa, un’intera generazione di cittadini americani sovrappeso sta facendo di tutto perché i propri figli possano seguire il loro “pesante” cammino.
Ultimamente, la rivista Advertising Age ha pubblicato una lista delle icone pubblicitarie più celebri del ventesimo secolo: Ronald McDonald è finito al secondo posto.
Sapete chi era in prima posizione? L’uomo della Marlboro.
Sugli adulti grava un’enorme responsabilità per la diffusione dell’obesità tra i bambini. Ormai non ci sono più dubbi sul fatto che anche i genitori più coscienziosi e determinati ad educare i propri figli ad una corretta alimentazione stanno affrontando una lotta impari. Essi stanno combattendo contro un budget annuale di miliardi e miliardi di dollari, tutti finalizzati a dare ai bambini insegnamenti esattamente di segno opposto.
McDonald’s e le altre catene di fast food non fanno segreto di come i bambini siano il loro obiettivo strategico primario. James McNeal, un noto guru del “marketing infantile” e autore di ‘Kids as Costumers’, ha affermato: “Stiamo mettendo alla prova la fedeltà al marchio nell’intera catena del marketing di McDonald’s, e i risultati sono eccellenti”. “Abbiamo iniziato a coinvolgere i bambini fin dal compimento del loro primo o secondo anno d’età, poi ogni anno sempre di più, e, col passare del tempo, essi hanno iniziato a dimostrare lealtà al marchio. Questa lealtà accompagnerà loro per tutta la vita”.
Oggigiorno i grandi gruppi investono più di 15 miliardi di dollari all’anno in attività di marketing e pubblicità per sensibilizzare i bambini americani a consumare sempre di più. Per quale motivo? Sia perché gli uomini del marketing hanno realizzato che i bambini dispongono di una capacità di spesa sempre crescente, sia perché i bambini influenzano i loro genitori a spendere il loro denaro, duramente guadagnato; il tutto per una cifra di 600 miliardi di dollari all’anno.
Cosa credete che i bambini vogliano comprare con tutto questo denaro?
Le compagnie non si concentrano soltanto sulla capacità di spesa corrente delle famiglie, ma anche, e soprattutto, su quella futura. Loghi di marca, tra i più osceni, sono finiti sulle coperte dei letti degli asili, sulle statuine dei presepi, sulle decorazioni dei mobili.
Nel mio ufficio ho una collezione di bottiglie-giocattolo modellate come le bottiglie di 7Up, DR Pepper e Pepsi. Le ho trovate su E-Bay.
Quando abbiamo contattato il produttore della California di queste bottiglie, Munchkin Bottling, ci è stato detto che questi oggetti sono stati prodotti, per un breve periodo, a metà degli anni novanta. Dapprima avevano autonomamente sviluppato l’idea, poi si erano occupati di acquistare le licenze dei nomi e dei loghi delle varie compagnie. Avendo in mente come i bambini avrebbero associato le bottigliette ai loghi su esse indicati. Convinti di come ci fosse nulla di sbagliato nel farne oggetto di un’intensa attività di marketing.
Il genio del marketing di McDonald’s, M.Lawrence Light, colui che ha ideato la campagna “I’m lovin’ it”, ha intenzione di circondare i bambini e i ragazzi di tutto il mondo con le icone di McDonald’s. “Light vuole concentrare tutti i suoi sforzi esclusivamente per la causa di McDonald’s”, ha scritto il Business Week Magazine nel luglio del 2004. Sta lanciando la catena di negozi d’abbigliamento per bambini, Oak Brook, in modo che essi possano vestire le t-shirt con i loghi di Golden Arches, il drive-in di McDonald’s, come già fanno con Old Navy e Disney.
Light ha stipulato un accordo commerciale con l’NBA (National Basketball Association) per fare suonare il jingle di “I’m lovin’ it” ogni volta che alle partite viene messo a segno un tiro da tre punti. Lo stesso jingle, inoltre, verrà a breve messo a disposizione su internet come suoneria scaricabile per i telefoni cellulari.
L’uomo del marketing di McDonald’s ha scelto la Cina come il mercato dove aprire il primo centro McKids. “In Cina verranno inaugurati complessivamente 25 negozi McKids”, ha recentemente affermato al Business Week . “Ci sarà una linea di giocattoli, una linea d’abbigliamento e una di video, tutto rivolto ai più piccoli”. Perché proprio la Cina? Perché, dopo anni di severe regole comuniste, i bambini cinesi non sono mai riusciti ad avere per le mani abbastanza prodotti americani.
Una realtà come McDonald’s potrà facilmente scendere in campo per corrompere i propri giovani clienti, facendo loro recuperare loro il tempo perduto.
Morgan Spurlock è autore del documentario ‘Super Size Me’ e del volume ‘Non mangiate questo libro’.
Tradotto da Luca Donigaglia per Nuovi Mondi Media
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