Finora abbiamo esaminato due implicazioni “focali” abbastanza precise e circostanziate: quelle che derivano eventualmente dai denti del giudizio e quelle che derivano da denti devitalizzati.
Questi effetti generalmente sono da mettere in relazione con infiammazione o infezione cronica che di volta in volta caratterizza questi denti. Nel corso dei secoli comunque in molti si sono posti la questione di trovare una teoria unificata per i vari tipi di “malattie focali” causate dai denti.
All’inizio del Novecento si affermò la scuola di pensiero adottata da Rosenow e Price secondo cui il batterio dell’infezione sarebbe in grado di spostarsi dal dente all’organo target. Rosenow ebbe il demerito di cercare di dimostrare l’indimostrabile, ovvero che ogni tipo di microrganismo anaerobico andasse a colpire solo un certo tipo di organo.
La scienza degli ultimi anni però ha dimostrato che gli effetti a distanza di un’infezione cronica si dovrebbe spiegare in un altro modo. Quando c’è una situazione di produzione continua di antigeni d’origine batterica, ciò porta alla sintesi di immunocomplessi (ossia complessi antigene-anticorpo), sia localmente, sia nell’ambito della circolazione generale. Questi immunocomplessi riescono a trovarsi nell’organismo il punto di minima resistenza ed insediarsi li. Teoricamente tali immunocomplessi possono depositarsi ovunque negli organi dotati di strutture vascolari a filtro, quali ad esempio le articolazioni, il cuore, la pelle, gli occhi, etc.
L’azione tossica degli immunocomplessi è oggi ben nota agli scienziati nell’ambito di una serie di patologie, per esempio per l’endocardite batterica. Ma dovete sapere che già Frugoni (professore di clinica medica a Padova e Roma) negli anni cinquanta era stato in grado di dimostrare proprio questa patogenesi nella splenomegalia trombo-flebitica (anche detta malattia di Frugoni-Eppinger). Fu proprio Frugoni, insieme con il professore e senatore Amedeo Perna, tra i più famosi sostenitori della connessione leucocitaria nelle malattie focali negli anni Trenta.
In un momento in cui la spiegazione del tropismo elettivo germe-organo data da Rosenow si era rivelata non soddisfacente e veniva accantonata, ci furono tutta una serie di autori che si diedero da fare per documentare a livello biologico l’esistenza di elementi anticorpali protagonisti dell’azione tossica dei distubi focali.
L’effetto sensibilizzante dei focolai flogistici cronici di origine dentale fu il tema principale del Congresso Italiano di Medicina tenutosi a Pavia, con la relazione centrale di due grandi clinici, Lusena e Chini (1933). Si occuparono di queste ricerche quasi tutti i più accreditati centri universitari del tempo, in particolare quelli sotto la direzione dei professori Magrassi, Campanacci, Lunedei, Serafini. In campo odontoiatrico vanno ricordati gli studi e le ricerche di numerosi clinici (De Vecchis, Briasco, Branzi, Mela, Albanese, Tempestini, Palazzi, Roccia, Nieddu, Benagiano, Hoffer, Singer), come anche le loro segnalazioni di successi terapeutici mediante la bonifica di foci dentari in molteplici patologie matafocali, nelle sindromi reumatiche, nelle glomerulonefriti, nei processi di endocardite settica e in alcune affezioni dermatologiche.
Bisogna dare merito ai padri della moderna medicina in Italia, a partire dal 1930 e per oltre un cinquantennio, di non aver mai dubitato della correttezza della loro intuizione sulla patogenesi delle malattie, che poi dati alla mano, a tutt’oggi non è mai stata smentita. Questi autori cercarono di dimostrare, con i pochi strumenti allora a disposizione, che le tossine di origine batterica provenienti da focolai flogistici cronici come i granulomi apicali o le affezioni parodontali, sensibilizzerebbero organismi o siti dell’organismo particolarmente predisposti e, in successive immissioni in circolo, potrebbero provocare reazioni di tipo allergico in organi secondari.
Tra gli altri si distinse Ferdinando Micheli (1872 – 1937), medico di fiducia della Reale Corte e membro del Consiglio superiore di sanità, che studiò l’endocardite come malattia metafocale e la sua relazione con la presenza dei suddetti metaboliti immunologici. In questo ambito egli pubblicò i dati sulla caratterizzazione dei “Leucociti del sangue in condizioni normali e patologiche” (Folia ematologica, III [1906], pp. 405-428), e della “Leucogenesi nella leucocitosi protratta” (Il Morgagni, XLIX [1907], pp. 409-421).
Da notare che mentre erano alla ricerca di una dimostrazione della loro teoria, questi autori si distinsero per i portentosi successi clinici che riuscivano ad ottenere. Il sopracitato Micheli sviluppo’, insieme a Donati che con lui dirigeva l’istituto termale di Acqui in Piemonte, un protocollo, quello che oggi verrebbe chiamata “diagnosi differenziale”, i cui due cardini centrali era l’alimentazione e l’attuazione della bonifica dei focus dentali.
Frugoni diventò medico personale di Palmiro Togliatti, re Fùa-d I, Alfonso XIII di Spagna, le famiglie Volpi e Cini, Toscanini, Mussolini, Marconi. Vorrei soffermarmi, anche se solo per grandi linee, ancora su qualcun altro di questi autori.
Magrassi Flaviano ( Brescia 1908 – Napoli 1974 ) documentò a livello biologico l’esistenza di elementi anticorpali che si fissano su determinati visceri e organi suscitando, magari dopo un periodo di latenza, una flogosi iperergica che si riacutizza ogni volta che vi è una successiva immissione in circolo anche di piccole quantità dei medesimi elementi anticorpali. Magrassi lavorò su questo discorso un’intera vita, già addirittura con la sua tesi di laurea, “Infezione focale e fattori di allergia nel problema biologico del reumatismo infettivo” (1932), premiata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche come la migliore pubblicatione di quell’anno. Nominato docente assistente ordinario alla clinica universitaria di Roma, ben presto Magrassi si fece apprezzare per l’indagine biologica orientata a chiarire le cause e le modalità di comparsa delle malattie metafocali, in particolar modo quelle reumatiche e cardiache.
Albanese Paolo (Matera 1896 – Arezzo 1988), incaricato dell’insegnamento presso la Scuola di specializzazione della clinica odontoiatrica dell’Università di Firenze, venne successivamente chiamato a ricoprire la cattedra della stessa disciplina nell’Università di Siena, che mantenne fino al pensionamento. Presso il suo istituto costituì, nel 1955, il Centro di Studio Medico Stomatologico, che valse a rinforzare i legami tra la stomatologia e la medicina generale, sviluppando la teoria della natura focale di alcune malattie internistiche.
Fu per molti anni direttore della Rivista Italiana di Stomatologia, presidente nazionale della Società di chirurgia della bocca e ortopedia odontofacciale e socio di numerose associazioni culturali e professionali italiane e straniere. In particolare fu attivo collaboratore dell’Accademia Petrarca, presso la quale tenne quattro interessanti comunicazioni, pubblicate negli “Atti e Memorie”, l’annuario dell’associazione. Ha lasciato complessivamente ben 150 pubblicazioni che gli valsero significativi riconoscimenti in campo nazionale e internazionale. Ebbero particolare risonanza i suoi studi riguardo le “paradentopatie e le infezioni focali”.
Antonio Lunedei (Gambettola 1900 – Firenze 1971), professore di clinica medica a Firenze, s’impegnò sul fronte della dimostrazione dei vari aspetti della patogenesi focale. Anche lui ci teneva a correggere l’ipotesi infettiva di Rosenow. Il concetto di focus dev’essere disgiunto da quello di processo settico focale in almeno tre aspetti:
Questo discorso ci porta direttamente all’ipotesi fatta in Germania da Ferdinand Huneke a partire dagli anni 50. Il medico tedesco propose una visione nuova del problema patogenetico della malattia focale, postulando che tutto il complesso dei fasci del sistema neurovegetativo fosse come una “rete a carica elettrica” con un determinato potenziale, di cui il diencefalo è il centro guida.
Nella teoria focale il disturbo é prima di tutto ELETTRICO. Le cellule, che normalmente sono polarizzate a circa 100 mv, in seguito a traumi chimici, fisici, infettivi, meccanici, vengono danneggiate e rimangono in uno stato di semiriposo ipopolarizzato, diciamo 10 mv. Usare l’espressione “buco nero” non è neanche più una metafora. Il “focus” é un’alterazione locale patologica nel tessuto connettivo lasso, per cui le reazioni di difesa locali e generali dell’organismo sono continuamente attivate. Questa situazione di stress “elettrico” rimane silente se non raggiunge un valore soglia di attivazione e diventa rilevante a partire dal momento in cui la pace totale del sistema connettivo e necessaria per favorire una guarigione post-trauma. Huneke concepì un test importantissimo: l’infiltrazione di qualche goccia di Impletolo attorno ai focus del sistema neurovegetativo portava alla scomparsa o all’attenuazione della sindrome dolorosa metafocale nell’arco di qualche secondo.
I successi ottenuti con questo procedimento sono dovuti alla ripolarizzazione che la procaina può ottenere in loco sul focus d’infiammazione. Con un’iniezione neuralterapica le cellule passano dai 10 mV del focus ai 100 mV che sono normali e non disturbano i circuiti neurali del sistema neurovegetativo. Questo discorso non è solo una teoria elegante, ma anche qualcosa che da’ successi clinici, quindi sembra molto difficile negarlo.
Non mancano autori, come ad es. Müller-Ruchholtz e Matzen nel 1987, che non avendo trovato alterazioni immunologiche specifiche nel caso di foci dentari, concludevano affermando che si debba pensare che i foci dentari non hanno importanza dal punto di vista clinico.
Ma perché io debbo trovare un preciso riscontro analitico che interessa a te, se siamo di fronte a dei risultati clinici impareggiabili? In uno studio effettuato su 7.148 pazienti da Perger (1978), l’82% dei pazienti raggiunse una guarigione a lungo termine solo dopo l’eliminazione dei foci. Però soltanto 121 (l’1,69%) presentavano diffusione batterica e soltanto 116 (l’1,62%) presentavano allergie batteriche. Inoltre altri 539 pazienti (7,77%) presentavano un aumento del titolo anti-streptococco o anti-stafilolisinico. Quindi soltanto nell’11% dei casi si riusciva a riscontrare alterazioni di ordine immunologico. Gli autori quindi si vedevano costretti ad ammettere che vi fossero dei collegamenti tra metabolismo tossico dei focolai dentari e le malattie generali, ma che i meccanismi di azione con cui questi agivano erano evidentemente completamente diversi da quelli studiati.
E’ pur vero che chi dice di non aver trovato riscontri analitici del problema non ha nemmeno cercato con moltissima applicazione. Il Dr. J. Lechner (2007, 2010) ha mostrato che i messaggeri infiammatori nella malattia dell’osso mandibolare (Rantes, FGF-2, MCP-1), provenienti da biopsie di pazienti che avevano avuto denti devitalizzati infetti erano capaci di causare un’ampia gamma di malattie a distanza. Lo stesso Lechner (1999), per quanto riguarda le cosiddette cavitazioni o NICO, ha iniziato a fare la diagnosi delle suddette situazioni tramite sonografia ossea, ovvero il Cavitat.
Per i denti devitalizzati cosiddetti “infetti”, la situazione infiammatoria o perturbatoria elettrica che sia, viene causata dalla presenza di materiale necrotico o batteri anaerobici all’interno del dente. I prodotti del metabolismo anaerobico o i metaboliti infiammatorifuorisescono sigillando il dente, creando una muraglia di contenimento ai già poco mobili metaboliti anaerobici. Non è necessario che i batteri anaerobici viaggino da qualche parte nell’organismo. Ma se lo fanno cercano dei tessuti con qualche precedente suscettibilità o comunque con carenze di ossigeno e così via.
Diventa a questo punto importante dare alcuni cenni del riscontro dell’infezione all’interno del dente.
Alcuni autori, tra cui il Prof. Heine, il Dr. Beisch, il Dr. Irmer e il Dr. Thomsen hanno cercato di valutare i risultati istologici e batteriologici dei focolai mascellari e dentari che non era possibile diagnosticare clinicamente. I seguenti microrganismi sono comunemente stati ritrovati nelle biopsie dei denti devitalizzati da numerose università:
Alcuni studi hanno confrontato i microorganismi anaerobici riscontrati in piccole dosi nel sangue con quelli trovati in denti devitalizzati estratti: l’identità dei due è stata confermata da metodi di caratterizzazione fenotipica e genetica.Uno di questi studi, quello di Debelian (1998), valutava solo denti devitalizzati asintomatici di denti con una sola radice. Tutti i denti devitalizzati contenevano batteri anaerobici, anche se il livello minimo stabilito per decretare una bacteremia era rispettato solo 54% di essi.
Questi batteri anaerobici, anche quando sono presenti a livelli inferiori a quello stabilito di “batteremia”, respirano a modo loro ed hanno un metabolismo che produce metilmercaptano, idrogeno solforato, acido butirrico e in generale potenti sostanze solforate molto dannose.In particolare producono aflatossine. Le aflatossine sono state implicate in vari campi di ricerca. Per esempio le aflatossine causano disturbi dell’umore o schizofrenia.Le aflatossine hanno livelli di tossicità superiori a molte sostanze industriali che causano cancro. L’esposizione cronica diventa un potente carcinogeno. Oppure esercita un’azione dannosa sulla funzione del cuore, del fegato e dei reni.
Tabachali (1988) ha dimostrato che Fusobacterium nucleatum coltivato da denti devitalizzati asintomatici era associato a infezioni croniche orofacciali, otite media cronica, sinusite cronica, mastoidite ascessi al cervello, ma anche problemi al mediastino e polmoni.
Il dottor Weston Price riscontrò che non c’era un singolo dente devitalizzato che fosse sterile, però trovò anche che i denti di persone malate erano più tossici e nocivi ai conigli che i denti di persone sane (!). Price esaminò alcune migliaia di pazienti.
Abbiamo detto dell’ipotesi tossinfettiva fatta da Rosenow ad inizio secolo XX. L’ipotesi “allergica” dei nostri clinici italiani è ancora più convincente, è stata dimostrata dagli studi degli effetti patologici degli immunocomplessi degli ultimi anni. E poi c’è il riscontro clinico innegabile della ripolarizzazione delle cellule nei centri focali. Ebbene queste tre dinamiche possono essere considerate coesistenti, a volte con prevalenza di una, a volte con prevalenza dell’altra. Se uno va a leggersi le grosse raccolte di casi clinici, come per esempio quelle di Ernesto Adler (Terapia neurofocale dentale – Tutte le terapie falliscono?…valutazioni sui denti del giudizio! – Odontoiatria Neurofocale) sembra molto indovinata l’affermazione di Huneke che la presenza di un dente infetto o di simili focus dentali è da vedere come un piccolo buco nero che risucchia energia dalle funzioni vitali e dalle capacità di manutenzione dell’organismo, come per esempio qualle ormonali, enzimatiche e naturalmente quelle indispensabili per liberarsi da un disturbo cronico.
Tornando ancora un attimo agli autori italiani, troviamo nel libro “La malattia focale odontostomatogena” (1999), l’auspicio dell’autore, il prof. A. Nicolin, che questa sua ampia ricerca bibliografica sull’argomento possa aiutare i colleghi a tenere in considerazioni la valutazione delle infezioni dentali come possibile causa di sindromi morbose ad eziologia oscura.
Nel libro Nicolin mette in relazione le pubblicazioni scientifiche degli ultimi decenni con quella che era un’affermata tradizione di valenti ricercatori italiani appena quarant’anni fa. E aggiunge: “Possibile che tutti questi stimati clinici abbiano parlato per tutti questi decenni di una cosa che assolutamente non esiste? Possibile che le guarigioni che questi autori hanno descritto non fossero in relazione con la bonifica delle infezioni dentali croniche come riportavano questi autori? Le mie esperienze cliniche mi dicono che l’effetto focale delle infezioni dentali non è un’allucinanzione di massa”.
Il libro di Nicolin è stato così recensito dal Prof. Cesare Dal Palù: “Questa fatica dello stimato collega Nicolin mi sembra meritevole di particolare attenzione in quanto affronta un tema cui io come internista sono particolarmente legato, ovvero come la pratica odontostomatologica può essere ricollegata a quella medica più generale. Quest’opera sarà senz’altro di grande utilità agli studenti, agli odontoiatri, ai medici generalisti, ai dermatologi, agli oculisti e ai tanti altri specialisti richiamati dall’autore alla necessità di non dimenticare la possibilità che all’origine di alcune malattie di loro competenza ci possa essere il contributo focale di una patologia dentale”.
V.G. Black si diede da fare ad inizio Novecento per spiegare perché il fenomeno flogistico della fase acuta dura solo un tempo limitato, prima di venir sostituito da quello cronico, che è silente. E a volte non c’è nemmeno la possibilità di vedere quello acuto. Il dente muore, perde la vitalità senza che il suo proprietario abbia indizi di questo fenomeno.
E’ un po’ difficile decidere dove fermarsi in questa presentazione della letteratura. La lunghezza di questo testo è forse dovuta proprio al mio aver voluto dare alla medicina clinica un posto predominante. Vale la pena di fare ancora una volta una rapida carrellata dei meccanismi proposti per spiegare com’è possibile che denti infetti che localmente hanno una sintomatologia minima o nulla possano causare problemi a distanza.
Egli ha enunciato e dimostrato, grazie a studi di diffusione verso il cervello di ogni tipo di composto tossico a partire da un dente, il principio di “minima distanza. Per capire la diffusione di materiale batterico, infiammatorio o tossico dall’interno di un dente al cervello, il ricercatore svedese ha raccolto persino esperimenti al limite dell’eticità, fatti con la collaborazione di persone moribonde.
Se torniamo all’ottocento, troviamo con insistenza l’ipotesi del riflesso irritativo. I denti malati secondo Dr. Samuel Salter (1867) avevano causato in numerose circostanze affezioni sui nervi cervicali e brachiali, dolori nevralgici e altre forme d’infiammazione, per cui lui riteneva che fosse giusta la spiegazione data da molti suoi colleghi autori secondo cui i denti del giudizio dovessero esercitare una pressione sul crocevia importante del sistema nervoso che è lì appena adiacente ad essi, soprattutto in quei casi in cui sono spuntati sul ramo ascendente dell’osso mandibolare.
Sul discorso del “riflesso irritativo” derivante da “denti malati”, Hutchinson (1885) ha riportato un caso clinico particolarmente significativo. Un paziente aveva i denti del giudizio dal lato sinistro, sia in alto che in basso, erano compromessi insieme con i secondi molari. Nel momento in cui questi denti furono estratti, sparì immediatamente una nevralgia che la paziente si portava dietro da anni. Però rimase uno spasmo alla palpebra dell’occhio. A quel punto Hutchinson decise di andare a togliere un’otturazione di mercurio che rivelò il coinvolgimento della polpa di un molare che fino ad allora non aveva dato nessuna sintomatologia. Dopo l’estrazione anche di questo dente, lo spasmo alla palpebra scomparve. “Abbiamo preso atto anche in questo caso”, dice Hutchinson, “della capacità di un dente compromesso con assenza totale di sintomi locali di produrre una irritazione riflessoria del terzo nervo [N. Oculomotorius] attraverso l’irritazione di una zona del quinto nervo [quello del Trigemino].”
Dopo aver descritto alcuni casi che andavano da nevralgie a paralisi, K.B. Davis (1887) scriveva: “Il sintomo del dolore è solo un fenomeno legato di riflesso all’irritazione del nervo. Quando un dente compromesso attiva l’irritazione del terminale nervoso, prima o tardi arriverà anche la reazione dei centri nervosi, seppure il suo sviluppo normalmente ha anche a che fare con diverse condizioni secondarie aggravanti.”
Similmente, la vera natura della schizofrenia diagnosticata in due cliniche psichiatriche tedesche ad una ragazza 26enne di Karlsruhe fu trovata dal Dr. Wilhelm Schuler (2007) andando a guardare l’ortopanoramica dentale. Quando le furono estratti i quattro denti del giudizio impattati, la giovane immediatamente tornò alla normalità senza avere più ricadute dei sintomi mentali (vedi anche un mio articolo Disturbi Caratteriali Causati Dai Denti )
ALCUNE TESTIMONIANZE SU YOUTUBE
Vi invito alla visione del mio video “Bara con i denti”, sezione 3 in cui compaiono i seguenti autori che spiegano brevemente le guarigioni da mal di testa che hanno ottenuto grazie alla bonifica di infezioni dentali.
( 0:18) Dr Mike Jackson, IAOMT Texas, 2008
Perché i denti devitalizzati possono causare mal di testa? C’è una degenerazione dell’osso sottostante che produce una putrefazione dell’area e anche sacche ossee (cavitazioni). Una signora 45 aveva emicranie da anni, una volta a settimana, che la costringevano al riposo assoluto nella stanza da letto, ogni volta per alcuni giorni. Un molare superiore le aveva dato fastidi occasionali per un paio di anni. Il Cavitat evidenzio problemi sotto quel dente e osso alterato nell’adiacente area dove era stato tolto un dente del giudizio.
( 2:18) Paziente 82enne del Dr. Darmon: affetta da emicranie ormai da 4-5 anni. Suo figlio la portò a fare la bonifica die focus dentali. Quando le furono estratti un paio di denti e fu curettata una cavitazione. ciò portò alla scomparsa delle emicranie.
( 3:55) testimonianza di un paziente 63enne del Dr. Koubi. Sono passati vent’anni da quando ha fatto estrarre i denti devitalizzati. Da allora non ha mai più avuto mal di testa. Dai 25 ai 45 anni di età aveva avuto mal di testa cronici per i quali nessuno era riuscito a trovare una spiegazione.
Molti dei suoi conoscenti hanno avuto esperienze dello stesso tipo. Ovvero, coloro che hanno fatto lo stesso percorso di bonifica di denti infetti sono guariti guariti da mal di testa e godono di una eccellente salute. E questi sono alcune decine. Dall’altro lato coloro che hanno scelto di non seguire il consiglio di occuparsi dei focus dentali hanno ancora i loro problemi.
( 5:20) testimonianza di una paziente del Dr. Mark Breiner: “Un dente devitalizzato di tempo in tempo mi dava problemi. Mi recai da quattro dentisti diversi che dicevano che dall’ortopanoramica si vedeva un dente devitalizzato perfetto, che non era affatto compromesso. Continuavano a rassicurarmi che poteva rimanere lì, Ma alla fine lessi il libro del Dr. Breiner su malattie causate da denti devitalizzati. Il dottore mi disse che il dente era infetto. Lo feci togliere… la migliore decisione della mia vita. Non ho più mal di testa da allora. Vertigini e fatica cronica sono migliorate sostalzialmente“.
( 6:46) altra paziente del Dr. Darmon: “Avevo emicrania per i quali nessuno riusciva a trovare una causa. A posteriori ho capito che i mal di testa erano iniziati dopo la devitalizzazione di un molare. I dolori poi partivano proprio da quella parte dove era il dente. Il dente dava in qualche modo un piccolo fastidio. Da quando ho fatto estrarre il dente, non ho mai più avuto emicrania dal lato destro. Inoltre non ho mai più avuto dolori all’orecchio destro o problemi all’occhio destro. C’è stato un grossissimo miglioramento anche con la spalla destra che continuava a darmi fastidio.”
( 9:58 ) la televisione tedesca WDR presenta la guarigione di Petra da una nevralgia che le era stata causata da un dente morto.
( 10:20) Dr. Wolfgang Koch spiega che questi casi sono indagati piuttosto di frequente nel suo studio medico. L’indagine delle possibili infezioni dentali è essenziale per tutte le malattie di origine sconosciuta e sindromi dolorose di ogni tipo che sono resistenti a terapie mediche. La cosa insidiosa è che il paziente colpito non percepisce segnali locali dal dente che sta causando un disturbo a distanza. non gli farà male da nessuna parte in bocca, però la tossicità e i metaboliti dell’infiammazione finiranno da qualche altra parte nell’organismo, creando problemi.
( 11:56) Seguono tre testimonianze relative a mal di testa e denti devitalizzati raccolte dal Dr. Gammal nel DVD “ROOTED”
Altri casi clinici descritti su Youtube direttamente dagli autori o attraverso testimonianze di pazienti sono le seguenti:
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=iu5BiwFgBwQ
necessità di togliere denti devitalizzati in pazienti con ARTRITI; TUMORI; citazioni del Dr. Thomas Rau, Dr. Mike Godfrey, Dr. Darmon, Dr. Lepoivre, Dr. Nunnally, Dr. Breiner, Dr. Gammal.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=wv95y5EDUmA
guarigioni di ARTROSI, MAL DI TESTA causate dai denti devitalizzati.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=x_MTti2hPfQ
guarigioni di SINUSITI causate da denti devitalizzati.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=E72ykPm3bVM
dolori cervicali guariti.. i denti!
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=9Bwil0cP0bk
Dr. Gammal: nuove testimonianze denti / 7 casi
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=vy3_i5My2QM
il reumatologo Dr Jean Gabriel Thomas guariva tutti i pazienti con la estrazione dei denti devitalizzati.
( # ) www.youtube.com/watch?v=x59QCAOVieU
testimonianze dei pazienti del Dr. Daunderer, riprese da Report, Rai3, Sabrina Giannini 1998.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=W-yzXfkeAsk
Dr. Mike Jackson e Dr. Lane Freeman: i denti devitalizzati causano sempre un marciume sull’osso su cui si appoggiano.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=EcTueTMi8AE
Dr. Koubi su guarigioni rimuovendo i denti devitalizzati.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=6r9PjyRFQao
guarigioni di mal di testa, Dr. Mike Jackson, Dr. Robert Gammal, Dr. Mark Breiner.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=EuIey7eFOps
Dr. Benoit Bouquot: se il dente devitalizzato compromette l’osso mandibolare ci saranno conseguenze gravi sulla salute.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=VopaKDbm1NM
WDR: Dr. Wolfgang Koch su pericoli denti devitalizzati.
( # ) https://www.youtube.com/watch?v=wv95y5EDUmA
mal di schiena e denti devitalizzati.
Non ho avuto purtroppo l’occasione in questo articolo di dare qualche testimonianza diretta tra quelle che sono giunte a me personalmente. Le persone guarite da mal di testa sono proprio quelle che sono state decisive nell’incoraggiarmi a darmi da fare con queste traduzioni e questa divulgazione. Qualcosa ho già raccontato qui: Osservazioni PERSONALI su problemi da denti devitalizzati
NEVRALGIE causate da osteiti o necrosi (NICO).
Il prof. Jerry Bouquot documenta alcune migliaia di casi di nevralgie che sono state messe in relazione causale con denti devitalizzati o con osteiti lasciate da precedenti approssimative estrazioni di denti infetti (NICO). Infatti curettando questi focus sulla mandibola i pazienti guariscono da condizioni croniche molto gravi. Scrive Bouquot: “La nevralgia del trigemino e molte altre patologie nevralgiche della testa hanno avuto essenzialmente cause ignote fino a poco tempo fa. Abbiano scoperto di recente che un elevata percentuale di queste condizioni sono da mettere in relazione causale con infezioni o necrosi dell’osso (osteiti o cavitazioni). La percentuale di guarigioni che si ottengono con la loro bonifica è imponente”.
Dunque i detriti e metaboliti infiammatori che si accumulano a livello apicale rappresentano terreno fertile per un fenomeno progressivo che dura anni e che porta a necrosi dell’osso mandibolare. Questo fenomeno viene di molto accelerato dall’uso ripetuto di vasocostrittori insieme con le anestesie dentali e da estrazioni non accorte che non includano il curettamento di resti di periodonto o tessuti ossei molli e infiammati o anche resti di radici lasciati nella mandibola nel momento dell’estrazione dentale.
Si viene a creare dunque un’ulteriore causa d’interferenza, ben caratterizzata dagli studi di Bouquot e colleghi, che potrà manifestarsi come mal di testa o come qualsiasi altro disturbo cronico che deriva dal sovraccarico del sistema vegetativo causato da focus infiammatori dentali.
Roberts (1979), Shira (1984) e Ratner [1976, 1979 e 1986] ha effettuato delle ricerche molto dettagliate in cui ha descritto vari tipi di mal di testa e di dolori nevralgici che si irradiavano da siti dentali affetti da osteite, che arrivavano a risoluzione mediante il curettaggio che ne permetteva la guarigione.
Questi siti dentali affetti da osteiti si sviluppano dopo una non corretta estrazione di un dente devitalizzato o di un dente del giudizio. La guarizione della mandibola dopo l’estrazione dentale viene impedita se eventuali rimasugli di periodonto o di tessuto infiammato non sono stati curettati via. Non è raro che si sviluppino situazioni necrotiche dell’osso mandibolare (cosiddette NICO) che hanno la potenzialità di causare mal di testa ed altri effetti a distanza.
Anche i rimasugli di radici possono creare mal di testa e nevralgie del trigemino (Urbani 1982) nella misura in cui possono essere soggette a putrefazione o anche impedire la corretta guarigione post estrazione che negli anni porta ad importanti necrosi ossee focali (Benech 1986, Chuikin 1989).
Werner (1909) aveva osservato la guarigione di una donna da una grave nevralgia del trigemino dopo l’estrazione di un dente del giudizio e curettaggio dell’adiacente osteonecrosi mandibolare.
Osservazioni di questo tipo furono fatte su centinaia di casi da GV. Black, considerato il padre dell’odontoiatria americana, che prese un grosso interesse nella questione degli effetti focali delle osteonecrosi mandibolari. A quei tempi il problema delle osteonecrosi era particolarmente sentito, perché curettare le infezioni sull’osso era notoriamente associato ad infezioni sistemiche a causa del materiale tossico messo in circolazione, e quindi quasi nessuno sentiva la vocazione di volerlo fare. Quindi l’infezione e l’osso compromesso non venivano allontanati.
Inoltre i dentisti magari lasciavano pezzi di radici con le loro estrazioni e nessuno se ne poteva accorgere, perché non faceva reazioni sintomatiche e fare ortopanoramiche dentali complete non era ancora all’ordine del giorno.
Il dottor Shankland (2000) riporta molti casi di pazienti cui aveva apportato delle guarigioni individuando ed estraendo le focalità di denti devitalizzati. Il Dr. Shankland ci fa sapere che prima di arrivare alla giusta diagnosi questi pazienti si erano recati da numerosi altri specialisti dentali, che avevano letto come normali le stesse irregolarità dell’ortopanoramica che erano state usate dal suo team per individuare osteiti.
Visto che la ortopanoramica non riesce a vedere bene la situazione del dente e anzi in oltre il 90% dei casi nasconde infezioni apicali anche di grande portata, diventa interessante segnalare la modalità esplorativa di questi problemi dei focus dentali secondo il Dr. Voll.
Il Dr. Mike Godfrey (1997) ce ne parla in una pubblicazione sul Journal of Advancement in Medicine intitolata “Focus dentale come causa di nevralgia del trigemino: un caso clinico”. Una 21enne lamentava da due anni un dolore inizialmente intermittente all’orecchio sinistro, che poi era diventato continuo e riguardava tutta la testa. Aveva consultato numerosi specialisti otorino-laringoiatri, dentisti, chirurghi maxillo-facciali, senza ottenere nessun miglioramento. Numerosi cicli di antibiotici le erano stati somministrati per una presunta ma non dimostrata infezione all’interno dell’orecchio, e per cercare sollievo dal dolore le erano stati somministrati farmaci anti-infiammatori non steroidei, analgesici e anti-depressivi (persino meperidina e morfina). La Tac e le altre indagini radiografiche erano state effettuate ma non avevano rivelato alcunché. Quando si presentò in questa clinica, la paziente aveva dolori molto forti nonostante fosse sotto medicazione combinata di carbamazepina, morfina e fluoxetina, e avrebbe dovuto essere operata dieci giorni dopo.
Il nostro approccio è stato di fare una valutazione con l’apparecchio EAV. Abbiamo riscontrato un focus alla mandibola, cioè risuonava l’ampolla test “osteitis”. Il 6° inferiore sinistro era il dente coinvolto. Il focus fu poi confermato dal dentista mediante il test della neuralterapia. Il sollievo dal dolore all’orecchio era apportato dall’iniezione di neuralterapia nella zona del dente; il sollievo era immediato e durava per oltre 15 ore. La settimana dopo fu effettuata l’estrazione del dente con tutto il protocollo di bonifica dell’osteite sottostante, e la paziente guarì e rimase libera da problemi per cinque mesi, allorquando ci fu una piccola ricaduta che fu mandata in remissione con due sedute di neuralterapia della zona del dente estratto. Da allora la paziente è rimasta libera dal dolore all’orecchio per tutto il periodo di follow-up di due anni”.
Oggi comunque esiste la possibilità di ottenere una rappresentazione dettagliata del dente in tre dimensionali e digitale (quindi a bassa radiazione), la cosiddetta Cone Beam, che offre uno strumento più efficace di verifica dei sospetti relativi a situazione di infezione dei denti devitalizzati.
L’importanza di approcci complementari alla diagnosi risulta chiara quando uno va a leggere nella letteratura medica che il solo modo d’identificare le focalità dentali a volte è partire dalle neoformazioni che possono causare nel cervello (cisti, ascessi), e capire se i microorganismi sono tipicamente quelli provenienti dalle zone dentali (Feldges 1990, Valachovich 1979, Virolainen 1979).
In una rassegna di 2565 casi nei quali una massiccia infezione odontogena fu messa in relazione con effetti a distanza, Andra (1978) segnala che oltre il 65% dei casi né il paziente né gli specialisti di competenza erano stati in grado di risalire al focus dentale nonostante problemi sistemici ricorrenti ed un’estesa valutazione clinica inclusa anche quella dentale.
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