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Mal di testa resistenti a terapie? La questione dei denti del giudizio – Un po’ di storia.

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Se andiamo a ritroso nel tempo ancora di più, notiamo che i medici del settecento subito andavano ad informarsi sulla situazione dei denti del giudizio al minimo accenno di disturbi di qualsiasi genere nel corso dell’adolescenza, perché il processo infiammatorio della loro fuoriuscita era considerata a quel tempo la causa di malattie più invocata in assoluto in medicina.

Nel 1914, perse improvvisamente l’uso della ragione una giovane donna della città di Selma (Alabama) che finì confinata in un istituto di salute mentale. Suo fratello, chiesto consiglio al famoso Edgar Cayce (1877-1945), fu informato che la causa era un dente del giudizio che si era impattato in un modo tale da infiammare alcuni centri nervosi che comunicavano con il cervello. Cayce perciò suggerì l’intervento di un chirurgo dentale per estrarre il dente. Sua zia l’accompagnò a Tuscaloosa, dove un medico e un tecnico di radiologia confermarono la diagnosi con una lastra dentale. Una volta che il dente impattato fu allontanato, la ragazza tornò alla situazione di salute mentale normale che aveva avuto prima di essere ricoverata.

Ancora intorno a questa linea di pensiero si e’ dato da fare il Dr. Patrick Stortebecker (1982) in Svezia. Valutando 60 pazienti con epilessia, il ricercatore ha dimostrato che la bonifica di focus dentali con successiva appropriata chirurgia dell’alveolo portava ad un decorso positivo o anche alla completa guarigione. I pazienti cioè smettevano di prendere farmaci anti-epilettici e la guarigione era stabile secondo un follow-up fino a tre anni. In alcuni pazienti gravi attività epilettogene misurate all’EEG scomparvero immediatamente con l’estrazione di denti coinvolti. In altri casi il miglioramento è stato graduale ed è anch’esso documentato con monitoraggio degli EEG. L’auspicio di Stortebecker e’ dunque che “tutti i pazienti con sintomi neurologici dovrebbero essere indirizzati ad esperti nella valutazione di focus infettivi di basso grado di origine dentale. E’ ben noto infatti che, se presenti nelle mascelle, le tossine microbiche delle infezioni dentali diffondano al cervello lungo i percorsi venosi e i nervi cranici”.

Ma le malattie focali di origine dentale erano note già nel 1000 a.C., compaiono per esempio negli scritti di Omero, Esculapio, Areteo di Cappadocia e se ne parlava ancora nella letteratura latina.

Nell’antica Grecia Ippocrate (460 -370 a.C.) citava proprio i mal di testa causati dai denti del giudizio per dimostrare che “le malattie dovrebbero essere combattute alla loro origine”, che spesso ha a che fare con i denti.

Qualche tempo prima, il medico egiziano Arad Nissa curò il faraone Annaper Essa nel 500 a. C. con l’estrazione di denti cariati. Il faraone soffriva di dolori reumatici cronici alle ginocchia che in un primo momento erano stati tenuti sotto controllo con impacchi e misture tradizionali ad uso medicinale. Ma ad un certo punto i dolori del faraone aumentarono e non erano piu* controllabili con i rimedi. Ce ne parlano appunto i geroglifici: al dottore fu dato un ultimatum, o riusciva a liberare Annaper dai dolori reumatici oppure sarebbe stata ordinata la sua decapitazione. Il dottore allora trovò il coraggio di fornire la sua visione dei fatti. La malattia non sarebbe migliorata se non fosse stata allontanata la causa, e cioè i denti infetti. Fu così che il faraone guarì, si sentì come rinato dopo le estrazioni di alcuni denti infetti e il medico fu ben ricompensato per il successo ottenuto! [Kuhmlein 1999]

L’effetto focale dei denti del giudizio nei pazienti con mal di testa compare nei primi trattati medici partoriti alla fine del medioevo, per esempio nella documentazione cartacea lasciata dal rinomato medico fiorentino, Giovanni d’Arcoli nel 1400.Anche i professori delle prime università di medicina in Europa raccomandavano l’estrazione dei denti malati e dei denti del giudizio impattati per la cura di mal di testa, patologie degli occhi, delle orecchie e altri organi distanti (Ambroise Paré 1517-1590, Giovanni Andrea Della Croce, 1533-1603, e Pieter van Foreest 1522-1597). Man mano che con l’illuminismo e poi con l’industrializzazione il progresso medico andò specializzandosi nella gestione deus-ex-machina dei sintomi, la dimenticanza della classe medica sulla questione focale dei denti del giudizio poté avanzare proporzionatamente.

E infatti nel 1903 vediamo il Dr. Robert Woods rimproverare ai colleghi di non essere pronti a riconoscere malattie a distanza causate dalle infiammazioni croniche di natura dentale. Le difficoltà d’identificare questa correlazione già di per sé sarebbero notevoli, perché non c’è una correlazione temporale ben definita tra evento dentale e sintomi a distanza, e perché non si hanno segnali di sorta localmente nella bocca. Questo poi si combina con il disinteresse dei medici e dei dentisti verso questo tema, commentava Woods.

In un articolo del 1874, James Truman spiegava che il malposizionamento dei denti del giudizio poteva essere la causa di nevralgie facciali, di nevrosi, di malattie cardiache e di problemi ad occhi e orecchie. “Questo argomento” diceva Truman, “non è affatto nuovo, ma sembra che ci sia la necessità di portarlo periodicamente all’attenzione con questi articoli, per cercare di combattere il disinteresse o la memoria corta della maggior parte dei medici.”

Un modello di malattia che di recente si è molto diffuso, grazie appunto ai sopracitati Pischinger, Huneke e Voll, è quello in cui nell’organismo sono presenti ad ogni dato momento svariati campi di disturbo, ovvero delle infiammazioni subcroniche del tessuto connettivo caratterizzate da un’intensità fluttuante. Troviamo questa definizione in una pubblicazione della dottoressa olandese Henny Solleveld (2009) intitolata: “Evidenze che i denti del giudizio causino nell’adolescenza una minore capacità di regolazione nella sfera emotiva”. La Solleveld affrontava nel suo articolo solo l’argomento “disturbi dell’umore”, spiegando però che avendo questo modello di malattia sviluppato da Pischinger, il discorso dell’odontoiatria neurofocale dovrebbe essere fatto esattamente uguale per l’epilessia, anche perché la letteratura medica tra l’altro è ugualmente ampia.

Sebbene le relazioni dente organo siano abbastanza consolidate e significative, lo stesso stimolo irritativo può causare problemi diversi da persona a persona. La comparsa di un disturbo può essere messa in relazione con il collasso del sistema di regolazione davanti ad una somma di “noxae” o “campi interferenti”. Le malattie focali si verificano quando i fenomeni infiammatori acuti o cronici producono un sovraccarico tale da deprimere le normali capacità biologiche di analgesia. La guarigione arriva quando, allontanato il focus dentale d’infiammazione o d’infezione, l’organismo torna allo status vitale in cui ritrova queste capacità d’analgesia, garantendo così l’assenza di disturbi dappertutto, anche nei tessuti che in un determinato paziente sono più suscettibili.

Ma questa di Pischinger non è stata una “scoperta ab novo”, bensì una “ri-scoperta”. Infatti osservazioni stupefatte di singoli medici che avevano ottenuto guarigioni considerando l’aspetto neurofocale della situazione della bocca comparivano spesso già nella letteratura dell’Ottocento. Per esempio Benjamin Rush (1803), padre della medicina moderna degli Stati Uniti e firmatario della dichiarazione d’indipendenza, parlò della necessità di andare a controllare la situazione dei denti del giudizio in tutti i casi di mal di testa o epilessia. Secondo Rush, “le terapie delle malattie croniche diventano molto più soddisfacenti se vengono associate alla bonifica di tutti i denti infetti che uno trovava nella bocca dei pazienti.” Certamente il fatto che allora non si facessero radiografie dentali rendeva questi tentativi di bonifica focale spesso goffi. Una volta Rush fu consultato dal padre di un giovane di Baltimora che soffriva di epilessia. Subito s’informò sui denti e risultò che alcuni dell’arcata superiore avevano carie profonde. La loro estrazione portò ad una perfetta guarigione. Oppure la signorina A.C., affetta da reumatismo all’anca già da alcuni anni, aveva avuto di recente un grave peggioramento. Rush subito prese nota della situazione dei denti dove di recente era comparso un leggero fastidio ad un dente. Proprio andando ad estrarlo, i sintomi scomparvero del tutto. Rush era assolutamente entusiasta per aver scoperto che le patologie dei denti potessero rivelarsi così spesso la causa di malattie apparentemente inguaribili ed invocava a testimoni i numerosi autori che lo avevano preceduto.

In un libro del 1819, anche il Dr. Charles Bew pubblicava un’ampia casistica di malattie guarite in seguito all’estrazione di denti del giudizio impattati. L’opinione dell’autore era che questi denti avessero esercitato una sorta di pressione sul plesso nervoso lì adiacente.

Il problema è che i denti che compaiono per ultimi, gli ottavi, lascerebbero un serbatoio cronico d’infiammazione silente nei tessuti ossei sottostanti. Già un secolo fa, Round e Broderick (British Dental Journal 1924) dimostrarono il metabolismo tossico e sensibilizzante del sistema nervoso di cripte di denti non fuoriusciti, in particolare dei denti del giudizio ritenuti e i loro effetti a distanza.

Prima di loro, Fackeldey (1868), ha riportato alcune sue osservazioni cliniche secondo cui i ritardi dell’eruzione del dente del giudizio avevano portato alla formazione di cisti sulla mandibola. Così scriveva l’autore: “A causa di mancanza di spazio o a causa di ritardi dell’eruzione dentale, è possibile riscontrare spesso una infiammazione della membrana apicale del dente che induce un’irritazione cronica nel periostio mascellare che nel tempo può portare a formazione di un tessuto spugnoso, gelatinoso, che a volte risulta leggermente doloroso alla pressione.

Una presentazione di Mantegazza (1878) completamente dedicata a questo argomento e presentata alla Società di Antropologia di Parigi dimostra che l’interesse e la consapevolezza di questi temi era già allora molto sviluppata. Mantegazza argomentava tra l’altro che l’eruzione dei denti del giudizio si trasforma in una vera e propria lotta in cui all’organismo sembrano mancare sia le risorse che lo spazio. In particolare è sull’arcata inferiore, dove la mancanza di spazio e la vicinanza al nervo mandibolare, che si vengono a creare vari tipi di emergenze: atrofia del germe dentario, formazione di cisti, infiammazione cronica apicale dei denti del giudizio.

Spesso, anche se il dente si è formato il follicolo non scompare completamente e questo può portare ad importanti conseguenze.

A quel tempo era abbastanza noto anche il discorso che l’infiammazione asintomatica causata dai denti del giudizio impattati (che oggi viene indicata col nome di “pericoronite”) potesse avere a che fare con disturbi a distanza di vario genere.

Esquirol (1859) riportò la guarigione da una pesante crisi psicotica di una donna cui fu fatta una incisione della gengiva laddove un dente del giudizio malposizionato stentava a fuoriuscire. Ashburner (1849) aveva riportato un’osservazione praticamente simile in un diciassettenne e molte altre osservazioni cliniche in cui la presenza di denti del giudizio era implicata in disturbi dell’umore, nervosismo, diminuzione della capacità mentali, nevralgie e appunto epilessie.

Breithaupt riportò un caso di nevralgia del volto causata dalla pericoronite di un canino impattato. Forget (1856) osservò un caso di nevralgia che scomparve solo con la rimozione di un dente del giudizio incluso nella mandibola.

Hessel (1860) descrisse una osservazione clinica in cui un dente del giudizio, fuoriuscito in direzione obliqua, aveva causato una nevralgia.

Anche F. H. Thomson (1856) riportò un caso di nevralgia causato dalla fuoriuscita in obliquo di un dente del giudizio che era anche andato a danneggiare il molare ad esso adiacente. Lo stesso Thomson, nel descrivere varie altre esperienze in cui mal di testa e nevralgie erano in relazione con denti del giudizio o denti infetti, sottolineava che anche l’avere questa informazione, e cioè sapere che spesso l’origine dell’infiammazione sia in qualche dente, da sola non ci porta molto lontano. C’è bisogno infatti di un dentista esperto, attento e con le giuste informazioni, che sappia raccogliere i giusti indizi e risalire alle correlazioni precise in atto. La mera estrazione di denti a caso purtroppo non aiuterà molto il dentista incerto (in particolare, non erano state ancora inventate le radiografie dentali).

Rosenthal (1865) aveva osservato non solo che l’effetto dei denti del giudizio ritenuti può essere quello di dare effetti a distanza, ma anche quello di creare un’infiammazione ossea che porta a tessuto osseo degenerato che a sua volta darà problemi focali anche quando il dente del giudizio sia stato estratto.

Bensow (1869) trovò una cisti nell’autopsia di un giovane che aveva sofferto di una grave nevralgia del trigemino (quinto nervo).

Leonard Koecker (1828), stimato dentista che aveva lettere di raccomandazioni di tre presidenti americani, produsse un intero trattato sulle infiammazioni causate da denti del giudizio impattati e denti morti.

Miller (1827) scriveva sul Quarterly Med. Review: “Concordiamo con le osservazioni di Koecker e aggiungiamo che uno stato d’infiammazione causato dai denti del giudizio inclusi è presente in molte persone malate e non affrontare queste situazioni significa condannare qualsiasi tentativo terapeutico ad un successo nullo o minimo”.

Oppure scriveva Thompson (1827): “Confermiamo dalla nostra pratica clinica, e non perché vogliamo compiacere il Dr. Koecker, che l’influenza di denti di questo tipo, lasciati nei loro alveoli, è devastante più di quello che la professione medica consideri, sia nei confronti dei denti e dell’osso nella bocca, sia del sistema nervoso e della costituzione in generale.”

Thomas Bond (1848) fu un affermato autore del tempo che studiò lungamente il tema dell’infiammazione ossea focale nella zona degli ottavi.

Niesmann (1850) descrisse un caso di suppurazione e sordità causato da irritazione simpatica dovuta a un dente del giudizio infiammato e curato mediante estrazione.

Teirlink (1859) mise in relazione i gravi disturbi di una donna, tra i quali frequenti attacchi di nevralgia con intensi dolori agli occhi e/o intolleranza alla luce, con la presenza di un dente del giudizio impattato nell’arcata superiore.

Kempton (1860) ebbe una paziente in cui i dolori di testa nella regione temporale destra a volte si estendevano a tutta la parte destra del viso fino ad arrivare alla base del collo. Questo disturbo era accompagnato anche da un dolore lancinante al globo oculare. Applicazioni di ghiaccio ai denti dalla parte destra alleviavano i dolori nevralgici. Ma nessun dente e nessuna parte della bocca era dolorante. Kempton notò che il dente del giudizio dell’Arcata inferiore destra era cariato. Durante l’estrazione la paziente fece esperienza di un paio di scariche di dolore di un paio di secondi che prendevano tutto il lato destro della testa senza coinvolgere però la zona del dente. La nevralgia scomparve per non comparire mai più.

Heider (1865) aveva fatto le stesse osservazioni tre anni prima e Tomes (1867) ha descritto casi clinici simili in cui denti del giudizio che non erano riusciti a raggiungere la loro posizione finale avevano causato formazione di tessuto spugnoso, gelatinoso. Il fenomeno, silente localmente, costituì però il punto di partenza di una grave infiammazione generalizzata dell’osso mandibolare. Le osservazioni cliniche prima e dopo estrazioni e curettaggio mostrarono che queste infiammazioni croniche possono rendersi responsabili di mal di testa e persino di epilessie, sebbene quella degenerazione non presentasse sintomatologia locale.

Harvey (1868) osservò il caso di un 22enne che aveva sofferto da tre anni di frequenti attacchi di una grave nevralgia. La rimozione di un dente del giudizio, che al momento dell’estrazione risultò cariato, portò alla completa remissione della patologia.

Wedl (1872) ha trattato questo tema in modo molto esteso e scriveva che le patologie ossee causate dai denti del giudizio notoriamente non presentano sintomi locali in quanto davanti ad uno stimolo patologico prolungato nel tempo le fibre nervose della mandibola hanno la possibilità di “assopirsi”, di diventare insensibili. Wedl per esempio menzionava la guarigione di una 39enne da mal di testa, problemi a occhi e udito dopo l’estrazione di uno di questi denti del giudizio con carenza di spazio. La paziente era stata inviata a lui da un prominente dottore di Philadelphia per valutare possibili situazioni di sepsi orali come causa della grave condizione. La donna rimase molto sorpresa da quella correlazione, perché quel dente non aveva mai dato il minimo fastidio o dolore.

Butler (1886) spiegò che la fuoriuscita dei denti del giudizio avviene spesso in un momento in cui la mandibola si è solidificata tanto che il dente deve prendere un’altra direzione e ciò fa insorgere varie alterazioni tessutali croniche. A ciò si aggiunge il problema che il dente del giudizio, a causa di un accorciamento della mandibola, si posiziona accanto ad un crocevia d’importanti innervazioni nervose.

Anche il Dr H. A. Smith (1886) riportava tutto il suo interesse per la questione che la maturazione di denti del giudizio con carenza di spazio o in posizione obliqua può portare sul nervo mandibolare. Sindromi dolorifiche alla testa o di vario altro tipo posso sorgere, per cui diventa molto importante per i pazienti trovare un medico che sia in grado di riconoscere effetti focali di questa situazione infiammatoria latente.

Cooper (1888) segnalò numerosi casi clinici di distubi a carico delle orecchie che guarivano con la rimozione dei denti del giudizio impattati.

La guarigione di una nevralgia del trigemino che durava da 14 anni fu riportata da Zang (1889) nel momento in cui alla 36enne paziente fu estratto il dente del giudizio dell’arcata inferiore destra. Sparirono anche i dolori al piede e al ventre; la donna, contentissima di sentirsi 10 anni più giovane, si rammaricava solo di aver atteso un anno prima di accettare il consiglio del dottore di estrarre quel dente (a quel tempo, quando si andava a tirare i denti la paura per i dolori non era niente in confronto a quella di avere infezioni sistemiche fatali nel momento in cui il dentista avesse dovuto andare a grattare via l’infezione).

D.H. Goodwillie (1889) descrisse la guarigione da una nevralgia a seguito dell’estrazione di un dente del giudizio dell’arcata superiore sinistro che fu trovato avere una carie. Il dente era rimasto del tutto asintomatico e nessuno aveva potuto trovare la causa di nevralgie che appunto scomparvero nel momento dell’estrazione del dente del giudizio insieme con un inizio di problema di udito, catarro nasale e sinovite dell’articolazione temporomandibolare.

Il Dr. Siegmund Werner (1909) riporta di una giovane paziente che soffriva di forti nevralgie del trigemino e periodici episodi di aumento di temperatura corporea. Le nevralgie e le continue febbricole ricorrenti guarirono quando il dottore estrasse un dente del giudizio cariato alla radice e una radice di un premolare che era stata lasciata da una precedente estrazione ed aveva causato una infezione nascosta dell’osso.

Gornonec (1902) presentò il caso di una giovane paziente con mal di testa e intensi malesseri che era stata ricoverata con diagnosi di difterite. Nessuno dei medici coinvolti in precedenza si era accorto che questo grave stato infiammatorio era stato causato da un dente del giudizio che non riusciva ad erompere.

Monier (1907) riportava due problemi in una 60enne: un mal di testa cronico e un’area di calvizie sul capo. I mal di testa sparirono e i capelli iniziarono a crescere di nuovo dopo l’estrazione di un dente del giudizio inferiore sinistro e il curettaggio di una suppurazione creata da un pezzo di radice residuo lasciato da una precedente estrazione dentale.

Versey (1912) riportò un caso di midriasi (dilatazione della pupilla di eziologia ignota) dovuto ad un dente del giudizio ritenuto.

Giorelli (1912) riportò una guarigione incredibile di un 56enne da una nevralgia cronica con l’estrazione di un dente del giudizio e curettaggio dell’area osteitica che si era instaurata nella zona adiacente.

Clark (1919) descrisse guarigioni da dolori alle orecchie, collassi nervosi e mal di schiena ottenute con l’estrazione di denti del giudizio.

Wassmund (1934) riferiva della focalità di un dente del giudizio incluso in basso a destra in un dentista che aveva sofferto per otto anni di mal di testa, vertigini e di una nevrite che coinvolgeva spalla e braccio destri, quindi dallo stesso lato. Tolto quel dente sparirono i dolori e la rigidità al collo e alla spalla destra che per anni gli avevano gravemente limitato i movimenti, sparirono anche le otiti, i dolori alle orecchie, i problemi agli occhi, il malessere generale, le nevralgie e le leggere forme di manie che erano state osservate in precedenza.

Krücke (1947) verificò che intorno ad un dente del giudizio si era sviluppata un’osteonecrosi ossea che poi aveva causato un ascesso cerebrale grave.

Lo spuntare dei denti del giudizio si realizza sempre grazie ad un grosso fenomeno infiammatorio che però rimane a metà strada. La corretta manifattura del dente, il processo del suo corretto posizionamento e l’assenza di cambiamenti patologici a ridosso dell’osso non vengono più garantiti dalla nostra biologia. La posizione del dente a ridosso del canale mandibolare, il fatto che il processo non riesca più a completarsi nel tempo previsto (e cioè entro i 20-21 anni), la presenza di questi relitti sulla parte ascendente del ramo mandibolare, la somma di tutto ciò garantisce un serbatoio d’interferenze sia per il sistema nervoso che per ben quattro meridiani di agopuntura. Sebbene nella maggior parte dei casi questa situazione infiammatoria sia silente, si può dimostrare che essi ingolfino la normale biologia fino a portare problemi medici resistenti a terapie o guarigione insolitamente difficile dopo un trauma.

Tra gli autori del XX secolo secondo i quali i denti del giudizio impattati potevano determinare una riduzione delle capacità di regolazione biologica nell’organismo e quindi innescare patologie di organi a distanza c’era anche Speileux (1948), che rimosse un dente del giudizio ad un uomo diventato sordo per un trauma accidentale alla testa quattordici anni prima. Alcune ore dopo l’estrazione, il paziente iniziò a sentire di nuovo rumori e a percepire persone che parlavano. Continuò a migliorare nelle settimane seguenti e questo ritorno dell’udito fu definitivo. Per più di 10 anni era stato sordo come una campana, cioè senza alcuna percezione anche di rumori fortissimi. L’infiammazione causata dall’incidente non aveva avuto la possibilità di guarire a causa di un blocco del sistema di regolazione che però, prima dell’incidente, era rimasto asintomatico.

Ancora oggi troviamo qui e lì degli aneddoti. Per esempio Ferner (2004) ha descritto una guarigione da trombocitopenia ottenuta grazie all’estrazione di due denti del giudizio inclusi e una radice rimasta nell’osso mascellare.

Romoli (1988) segnala che ben sei pazienti avevano visto scomparire i mal di testa a grappolo dopo l’eliminazione di dente del giudizio dell’arcata superiore. In nessun caso ci furono ricadute nel periodo d’osservazione di quattro anni.

Dawson e Frolund. dopo aver riscontrato numerosi casi di guarigioni di mal di testa e cervicalgie a seguito di estrazioni di denti del giudizio infiammati (Frolund 1990), hanno deciso di coinvolgere vari gruppi di ricerca con l’intento di pubblicare uno studio con controllo per verificare l’esistenza di questa correlazione causa ed effetto. Non solo esisteva un rapporto statisticamente rilevante tra denti del giudizio inclusi e mal di testa, così come con problemi alla cervicale, ma il sospetto di relazione causale fu confermato dal fatto che coloro che estraevano i denti del giudizio guarivano o ottenevano discreti miglioramenti da queste sindromi (Dawson 1992).

Nissnick (2001) conosceva molto bene il tema dei denti del giudizio ritenuti che si riscontrano molto spesso nei pazienti con mal di testa. Vediamo un caso tipico. Nell’arcata superiore destra di una paziente con cefalea cronica fu trovato un dente del giudizio incluso. Negli anni si erano succeduti numerosi specialisti che, pur avendo cercato possibili spiegazioni di questi mal di testa terribili che riguardavano esclusivamente il lato destro del capo, non avevano portato ad alcun risultato concreto e nessuna possibilità anche solo di ottenere un minimo sollievo. L’estrazione del suddetto dente, seguita da neuralterapia qualche giorno dopo, portò alla completa remissione della malattia.

Queste ed altre osservazioni cliniche però sono rimaste fuori dal “mainstream” o dalle famose diagnosi differenziali con cui vengono confrontati i dati dei pazienti. Persino il Dr. Pische, appassionato dentista biologico italiano, mi disse nel 2002 di aver ignorato del tutto l’argomento delle focalita’ dei denti del giudizio fino al giorno in cui un kinesiologo non gli dimostrò che il processo infiammatorio associato alla fuoriuscita difficoltosa di un dente del giudizio era il motivo per cui sua figlia a partire dagli undici anni di età non era più riuscita né a correre né a saltare per un dolore lancinante al ginocchio. Alcuni avevano consigliato l’intervento chirurgico immediato, altri l’intervento differito nell’età adulta, altri il plantare, altri ancora il bite oppure il tutor, molti consigliavano la terapia anti-infiammatoria e altri la fisioterapia. Lui, dentista, come genitore della ragazza aveva girovagato da uno specialista all’altro per più di due anni. L’estrazione del dente del giudizio portò dopo due giorni alla definitiva scomparsa di ogni dolore al ginocchio.

La domanda si pone spontanea, diceva il prof. Lunardon nell’articolo pubblicato sulla rivista Wien Med Wochenschr (1997): “Perché l’esame della ortopanoramica non rientra nella diagnosi differenziale cui devono essere sottoposti i pazienti con mal di testa?!”

Il Dr. Jeremy E. Kaslow, chirurgo 50enne, della Medical Board of California 2010, scrive: “All’inizio pensavo che se si rispettassero tre condizioni, ovvero rifornire il corpo di tutti i nutrienti vitali, evitare quanto più possibile i metabolismi sbagliati e avviare una disintossicazione dell’organismo da elementi che ostacolano il benessere naturale, il corpo sarebbe sicuramente guarito da solo automaticamente. Però il riscontro fu che anche le persone che avevano fatto tutto bene nelle tre aree che abbiamo detto, erano ancora rallentate da qualcosa a livello biologico. Ebbene il fatto è che il sistema nervoso autonomo è decisivo e diventa perciò fondamentale valutare se in qualche parte viene ancora irritato e ostacolato nella sua sana funzionalità da campi di disturbo focali”. (nel seguente link viene discussa la parte relativa a neuralterapia post-estrazione dei focus dentali causa di disturbi a distanza: Dott. kaslow – Neural Therapy )

Un caso clinico descritto da Montserrat Noguera (2002) riguarda un paziente 33enne affetto da cefalea dall’età di 9 anni. Nella radiografia si notava il fattore causale, ovvero due ottavi posti inclusi che ponevano un notevole pericolo per il nervo mandibolare. Oltre ai mal di testa accusava anche algie a livello del rachide cervicale che si aggravavano con i cambi meteorologici oppure in situazioni di stress. La cefalea aveva fatto la sua comparsa nel periodo in cui il germe dentario degli ottavi aveva già formato la corona del dente.

Molto più comune, dice la Noguera, è vedere problemi causati da denti del giudizio insorgere verso i 12 anni di età, ma tutto dipende dalla sua posizione e soprattutto dalle caratteristiche del sistema di regolazione.

Secondo Ernesto Adler, l’inizio dei mal di testa risale spessissimo proprio all’adolescenza, in corrispondenza del ben noto processo fisiologico infiammatorio deputato a far spuntare i denti del giudizio.

Un’osservazione questa che è stata ribadita da Rosemarie Mieg (2008). Nel suo libro “Krankheitsherde Zähne” la dottoressa rammenta l’aneddoto di lei che era stata invitata anni addietro a parlare sul tema dei focolai odontoiatrici all’università di Mosca. Lì spiegò innanzitutto che la lateralità dei sintomi poteva essere un indizio per identificare i mal di testa causati dai denti del giudizio posizionati male. Inoltre la dottoressa invitava a sospettare il coinvolgimento dei denti del giudizio in tutti i casi in cui i pazienti avevano iniziato ad avere questo problema dai 13 ai 24 anni di età.

Gli specialisti presenti però non erano molto convinti delle sue affermazioni perentorie. Allora la dottoressa si rivolse al direttore del dipartimento per informarsi sulle condizioni di una signora russa che aveva visto proprio in quel momento cercarsi un analgesico. Paziente abituale di quella clinica, la 34enne soffriva di un’emicrania prevalentemente dalla parte sinistra della testa. Le emicranie erano iniziate a 23 anni di età. La Mieg richiamò l’attenzione sulla presenza di un dente del giudizio superiore sinistro con posizione alterata. Dall’ortopanoramica risultava anche un’area d’infezione nello spazio tra questo ottavo e il molare adiacente. Estratto il dente sparirono i mal di testa che implacabili si erano presentati per 11 anni.

Anche lo studente austriaco Wolfgang W. ottenne risultati rapidi e sorprendenti presso la d.ssa Mieg. Era stato mandato da un dottore a farsi fare il test dell’Elettro-Agopuntura di Voll. Oltre al problema principale di attacchi di emicranie che si alternavano a lievi mal di testa, lo studente aveva intensi dolori in tutte le giunture, soffriva di disturbi cardiaci e circolatori che gli esami specifici non riuscivano a spiegare. Lo studente aveva tre denti del giudizio fuoriusciti a metà (il 28, il 38 e il 48) con le punte delle radici arrotondate oppure accorciate. Questi denti cosiddetti ritenuti furono estratti, lo spazio dentale degenerato accuratamente curettato e ripulito dalla massa ossea molle. Per quanto riguarda il dente del giudizio in alto a destra che era stato estratto anni addietro, la procedura di estrazione non era stata fatta in modo così preciso: era rimasta un’infezione ossea che aveva colonizzato la mascella, era della grandezza di un pisello e doveva essere curettata per permettere la guarigione completa del paziente. Un molare che corrisponde all’intestino crasso (il 16), era morto e aveva un granuloma sulla punta della radice. Questo e il dente 25 devitalizzato e infetto furono estratti. In seguito a ciò gli attacchi di emicrania sparirono.

Vediamo alcuni casi descritti da Adler (1983). C.C., 22enne di Lloret de Mar, aveva attacchi settimanali di cefalee, che duravano fino a 3 giorni, con altri disturbi che sempre li accompagnavano e che la costringevano a rimanere tutto il giorno a letto nella completa oscurità. L’ortopanoramica mostrava i due denti del giudizio in basso entrambi ritenuti (figura 36), altri focus dentali non ce n’erano. Il test di neuralterapia sul dente del giudizio destro diede esito positivo (il mal di testa spariva temporaneamente). A dire il vero dall’ortopanoramica appariva più complicata la situazione del dente del giudizio sinistro che quello destro, ma quest’ultimo corrispondeva al riscontro più forte di area di pressione dolorosa sulle vertebre cervicali. Quando questo dente fu estratto i forti mal di testa sparirono. E quando quattro mesi più tardi si ripresentarono le emicranie, la paziente tornò dal dentista per far estrarre il dente del giudizio dal lato opposto. Di nuovo i problemi scomparvero e questa volta non ci furono più ricadute di cefalee e mal di testa.

La sig.ra Y., 48enne di Neuchâchtel, lamentava forti mal di testa “di natura sconosciuta”. Il dolore arrivava fino alla terza vertebra cervicale. La radiografia mostrava un dente del giudizio problematico (figura 30).

Dopo l’estrazione di questo dente del giudizio sparirono tutti i dolori alla testa. Ogni commento è superfluo, dal momento che la radiografia e il risultato sono più che eloquenti.

M.V. di Blanes si presentò con un mal di testa unilaterale e un’ortopanoramica dentale in cui si notava, proprio dal lato affetto, un ampio processo osteitico in corrispondenza di un dente del giudizio impattato.

L’unica terapia risolutiva fu l’estrazione con curettaggio dell’osteite. “Conosciamo bene le peregrinazioni senza fine di pazienti di questo tipo,” dice Adler, “gli esperti del settore ignorano la possibilità che si possano verificare disturbi come questo quale conseguenza focale di situazioni infiammatorie e infettive della sfera odontoiatrica”.

Il tema delle innumerevoli peregrinazioni presso specialisti che portano a definire i disturbi “misteriosi” ci viene riproposto anche da Rosemarie Mieg, per esempio nel caso di Helga B., 25enne che soffriva di mal di testa diventati quasi emicrania, oltre che di occasionali problemi al cuore e al seno. Dopo aver provato di tutto, i medici e la famiglia non vedevano più altra soluzione che affrontare la natura psichiatrica dei suoi disturbi. Con il suo compagno vicino, che invece credeva in lei più che nei dottori andò dalla dottoressa Rosemarie Mieg per la valutazione dei focus dentali. Risultarono due denti del giudizio da togliere, quello in alto a sinistra e quello in basso a destra. Fu tolto inoltre un molare che al test di vitalità era risultato morto (quest’ultimo appartiene al meridiano di agopuntura del seno). Qualche mese più tardi i due fidanzati tornarono per una visita di controllo, riportando che gli inspiegabili problemi di salute erano scomparsi dopo le tre estrazioni.

La scuola tedesca (o “medicina funzionale”) vede la guarigione come una tecnica in cui individuiamo e allontaniamo delle spese eccessive che paralizzano il sistema di regolazione.

La relazione però è anche inversa. Ovvero un intorpidimento della forza motrice biologica favorisce alterazioni e rallentamenti del processo infiammatorio impegnato nella manifattura dei denti del giudizio e nel loro spostamento nella giusta posizione, oppure anche favorisce la loro comparsa sul ramo ascendente della mandibolare con eventuale importante carenza di spazio.

Se mi fosse chiesto di presentare questo argomento in estrema sintesi sicuramente andrei a recuperare le parole del Dr. Ernesto Adler (Tutte le terapie falliscono ? … valutazioni sui denti del giudizio!): “Un gran numero di persone hanno dovuto soffrire inutilmente di mal di testa con questa eziologia. Una giovane cui stanno spuntando i denti del giudizio inizia a soffrire di mal di testa. Il medico non solo non è pronto a riconoscere questa eventualità, ma anche protraendosi per anni il problema dei mal di testa non ha nemmeno l’iniziativa di sospettare i denti del giudizio che sono rimasti nelle situazioni più incongrue. Increduli ed amareggiati, ci viene da chiedere com’è possibile che questo fattore causale dei denti del giudizio impattati rimanga così poco conosciuto?

Non solo i medici non sospettano niente, ma persino molti dentisti ignorano sistematicamente questa correlazione. Nella speranza di rendere giustizia a queste tragedie inutili che pesano sulla vita di parecchie persone, diamo qualche esempio”.

Cito ancora Adler (Tutte le terapie falliscono ? … valutazioni sui denti del giudizio!): “Le figure 48 e 49 evidenziano lo stato abbastanza complicato sia del dente del giudizio inferiore a sinistra che di quello a destra della signora A.J., di Barcellona, 29enne madre di due bambini. Le erano iniziati dei mal di testa leggeri all’età di 22 anni, che erano stati trattati con i soliti farmaci. Diversi specialisti fecero diversi tipi di indagini, ma senza che potessero essere evidenziate anomalie di alcun tipo. Nel corso degli anni il dolore era aumentato fino a diventare una cefalea cronica. Quando effettuammo il test con un’iniezione di procaina in corrispondenza del dente del giudizio sinistro, cio’ ebbe come effetto la cessazione dei dolori per alcune ore.

Inoltre il punto della terza vertebra cervicale che corrispondeva a questo dente risultava estremamente doloroso alla pressione con le dita. Con l’estrazione del dente del giudizio sinistro i mal di testa scomparvero in maniera istantanea. Però comparvero di nuovo tre mesi dopo. Insuccesso? Assolutamente no! Dovevamo ancora togliere il dente del giudizio a destra che pure era messo male (fig.49). La paziente non ha mai più avuto mal di testa dal momento di questa seconda estrazione.”

Poiché l’argomento è piuttosto ampio, non abbiamo potuto ancora essere abbastanza dettagliati sulla questione “a quanto indietro nei secoli possiamo far risalire questa tradizione che oggi chiamiamo odontoiatria neurofocale?”.

Le tavolette di Ninive risalenti al 650 a.C. testimoniano una diagnosi neurofocale dei primi tempi (ce ne parla Leroy Waterman nel suo Assyrian Medicine in the Seventh Century, 1925). Il re assiro Asarhaddon arrivò a minacciare di morte l’equipe dei medici di corte se non fossero riusciti a liberarlo dai mal di testa e dolori sistemici pluriennali che avevano raggiunto un punto critico. Il medico Aradna allora gli rispose che solo quando avesse accettato di farsi estrarre i denti sarebbe stato possibile curarlo dalla sua malattia. “I denti del mio Re devono essere rimossi, perché è con essi che nasce l’infiammazione interna. I dolori scompariranno immediatamente e il suo stato di salute tornerà normale”. Le conoscenze empiriche di Aradna insieme con tutta la clinica accumulata dai medici assiri gli davano la sicurezza di non sbagliarsi. Se Asarhaddon non guariva dopo aver estratto anche i denti, il dolore sarebbe stato tutto del suo servitore che gli aveva consigliato una cosa simile!

2500 anni più tardi Cesare Frugoni, medico personale di capi di Stato, artisti famosi, uomini politici celebri, così difendeva dallo scetticismo dilagante dei colleghi le sue convinzioni sulle malattie focali: “Siamo abbastanza moderni per apprezzare l’aiuto degli esami strumentali e abbastanza esperti per apprezzare le esperienze cliniche.”

Giorgio Baglivi, medico di Innocente XII e Clemente XI, autore di manuali medici famosissimi, osservò nel suo Canone di Medicina: “Le persone i cui denti hanno un cattivo odore o che hanno cambiato colore nonostante i lavaggi giornalieri, hanno sempre una debolezza della funzione dello stomaco, quasi sempre una tendenza all’indigestione, mal di testa dopo i pasti, una salute generale poco soddisfacente e una tendenza al malumore. Se impegnati nello studio o negli affari, queste persone sono impazienti ed irritabili, oppure vittime di episodi di capogiri. Le frequenti indisposizioni di stomaco danno loro sonnolenza, risveglio lento e comunque un sonno poco ristoratore.” (Baglivi, Opera Omnia Medico. Practica et Anatomica, Lugduni, 1710).

Tra poco ci sposteremo sull’argomento dei mal di testa causati dai denti devitalizzati o dalle cavitazioni.

Pero’ ora vorrei rendere omaggio ancora una volta alle osservazioni cliniche del Dr. Bowler Henry, London Hospital, che nel 1935 diceva: “Pubblico i seguenti casi nella speranza che questi errori non si ripetano in futuro. I pazienti che vediamo ora ottennero sollievo per la prima volta solo quando la vera causa fu scoperta. Per questo motivo mi sono preso il tempo di valutare se anche altri colleghi o altri autori di pubblicazioni scientifiche avessero avuto riscontri di questo tipo.”

Infatti sono d’accordo con la domanda posta qualche momento fa dal mitico prof. Frugoni (1940): “La modernità è progredita tanto che e’ necessario dimenticarsi delle osservazioni cliniche di cui si è sicuri?” Presentando questi 700 casi di mal di testa guariti con l’estrazione di denti del giudizio, il Dr. Bowler Henry diceva: “Molti di questi pazienti erano stati trattati con metodi neurologici senza risultati per considerevoli periodi di tempo”.

Un 50enne che si presentò nel suo studio medico soffriva di una nevralgia incapacitante nella regione parietale sinistra. Aveva entrambi i denti del giudizio inferiori impattati. Il canale mandibolare a sinistra mostrava in qualche modo di subire una pressione dall’ottavo. L’estrazione di questo dente del giudizio diede al paziente una rapida e stabile guarigione della nevralgia.In una studentessa 20enne, l’estrazione dei denti del giudizio inferiori portò alla guarigione di gastralgie, mal di testa e dismenorrea. Un ufficiale 22enne dell’esercito americano aveva iniziato a soffrire da quattro anni di un vago mal di testa che poi nel tempo era diventato molto grave ed era sfociato anche in disturbi del sonno. Rimuovendo i denti del giudizio impattati dell’arcata inferiore scomparvero tutti i disturbi e i dolori.

Il Dr. S.H. Woods inviò al Dr. Henry due pazienti con grave nevralgia postoccipitale. Nel primo caso i due denti del giudizio inferiori erano ritenuti e obliqui, facendo pressione contro i secondi molari. Il secondo caso riguardava un signore 35enne che stava prendendo incredibili quantità di aspirina per dei forti, incessanti mal di testa. Un dente del giudizio inferiore destro puntava verso l’esterno. Entrambi i pazienti furono curati dall’estrazione di questi denti.

Neurological complications of the third molar tooth

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Lorenzo Acerra

Lorenzo Acerra, Lorenzo Acerra, nato nel 1971, autore di libri, chimico. Competenze: danni da denti devitalizzati, danni da amalgama, mal di latte. Laureato in chimica industriale nel 1994, attivista per quasi dieci anni nell'ambito delle intossicazioni da mercurio, relatore ai seminari della Società  italiana di medicina funzionale (SIMF), E' stato uno dei soci fondatori dell'Associazione per la difesa dalle otturazioni di mercurio (ADOM). Ha pubblicato vari libri di medicina naturale tra cui i best-seller Denti tossici e Magnesio (Macro Edizioni).

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