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Mal di testa resistenti a terapie? La questione dei denti del giudizio

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Ad agosto 2011 è arrivata a Monaco a togliere due denti devitalizzati Renata. Suo fratello l’aveva mandata dal dentista ed io ero presente. Ma l’atteggiamento di Renata era: “Fratellino, non riesco proprio a capire  come l’autorevolezza che molti ti invidiano e la tua grande convinzione siano andati a finire in una tesi così impossibile! Metti in gioco tutti i tuoi meriti per farmi togliere questi due denti? Ebbene allora io lo faccio, ma questo ti lascerà nel torto quando si scoprirà che non era questa la causa e che ho tolto due denti inutilmente.” E invece è rimasta fulminata dai risultati. Mai più un’emicrania, sin dal primo giorno. Mal di testa /emicrania /depressione di 15 anni dipendevano da quello, dai denti.
Ora naturalmente l’argomento è diventato uno dei suoi preferiti. Renata mi fa mille domande: “Come è nata la tua scoperta sui focus dentali di denti del giudizio e denti devitalizzati?” “E perché non si fa più divulgazione su cose di questo tipo così importanti?”

Nel 1997 i professori Lunardon e Barolin dell’Istituto Ludwig-Boltzmann per Neuro-Riabilitazione e Profilassi di Innsbruck condussero uno studio su 785 pazienti con mal di testa che avevano ancora i denti del giudizio. Nel momento in cui questi denti con carenza di spazio venivano fatti estrarre, il 75% dei pazienti ottenne importanti miglioramenti clinici. Alcuni altri successi Lunardon e Barolin li ottennero andando a bonificare altre forme d’infiammazione dentale, per es. quelle di denti devitalizzati con infezioni latenti.

Ben 700 guarigioni di mal di testa vennero segnalate dal dottore dell’ospedale di Londra Bowdler Henry (1935). Queste guarigioni avevano una sola cosa in comune, e cioè che erano state ottenute grazie all’estrazione di denti del giudizio con ritardi di sviluppo e malposizionamenti.

Per capire bene di cosa si tratta, bisogna innanzitutto dire che il processo di eruzione dentale è un portentoso programma infiammatorio finalizzato ad erodere l’osso pre-esistente per far spazio al germe dentale che sta crescendo. Tomes nel 1882 e Bodecker nel 1894 osservarono istologicamente che l’area della mandibola adiacente ai denti del giudizio malposizionati o con sviluppo ridotto perdeva la sua sana consistenza ossea, trasformandosi in un tessuto molle affetto da un processo infiammatorio. I campioni raccolti da Bodecker esibivano questo stato infiammatorio a partire dalle pareti dell’alveolo e del periodonto.

In questo senso si spiegano i successi degli interventi terapeutici descritti da Henry (1935). Una paziente 28enne aveva sofferto per quattro anni di un grave mal di testa accompagnato da prostrazione e tanti altri disturbi fisici. Questo caso gli fu portato all’attenzione dal dottor A. Clark. Gli attacchi la tormentavano con cadenza settimanale. Non si trovavano cause, ma quando eventualmente le furono fatti i raggi X della bocca, fu riscontrata la presenza di quattro denti del giudizio impattati, la cui estrazione fu seguita dalla guarigione della giovane paziente.

Henry si mise in contatto con altri autori del tempo che s’interessarono a quella stessa problematica. I dottori T. H. Bishop e S. D. McClean si erano occupati di un robusto signore di 33 anni che lamentava dolori nella parte anteriore dei bulbi oculari, dietro la testa e nella regione lombare. I seni mascellari furono iniettati e irrigati senza il minimo cambiamento. Portava una dentiera completa, sull’arcata superiore non c’erano più denti per la masticazione. Ma andando a fare i raggi X si scoprì la presenza dei due denti del giudizio proprio sull’arcata superiore. I sintomi scomparvero dopo la loro rimozione.

Il Dr. Bjerrum (Danimarca) segnalò le vicende di una 23enne che aveva avuto per tre o quattro anni frequenti attacchi di brutti mal di testa, che spesso finivano con vomito. Nel tempo la paziente fu in grado di percepire occasionalmente un riflesso del dolore anche nell’area del dente del giudizio. I raggi X mostrarono che questo dente era impattato. Con la sua estrazione i mal di testa scomparvero. Il Dr. Whitworth fu consultato da un giovane ingegnere elettrico che aveva iniziato a soffrire di mal di testa, difficoltà di concentrazione, irritabilità e difficoltà nel portare avanti i più semplici incarichi del lavoro. I due denti del giudizio inferiori, impattati, furono rimossi e dopo di ciò il giovane tornò al suo pieno vigore mentale e benessere fisico. Il Dr. E. Miles Atkinson ha descritto un caso di nevralgia sopraorbitale sinistra in un paziente 22enne che guarì grazie all’estrazione di un dente del giudizio impattato sull’arcata inferiore dallo stesso lato. Il Dr. C.F. Nord (Olanda) ha avuto un paziente 25enne che era stato trattato con molti rimedi senza successo per una situazione di gravi dolori da entrambe le parti della testa che era stata diagnosticata come emicrania. I dolori scomparvero dopo l’estrazione dei due denti del giudizio inferiori. Il Dr. C. W. Kay (di Lymington) ha segnalato due casi. Il primo riguardava la figlia 18enne di un dottore, che aveva sofferto di emicrania a partire dall’età di 12 anni. Gli attacchi ormai si verificavano ogni due settimane e la constringevano a letto per un periodo dalle 24 alle 48 ore. Era sempre stanca ed accusava dolori sui legamenti sacroiliaci che le impedivano di stare alzata in piedi per più di un quarto d’ora. Non appena le furono estratti i denti del giudizio scomparvero tutti i sintomi, incluse le emicranie. Il secondo caso presentato dal Dr. Kay riguardava un 22enne che aveva una grave nevralgia occipitale con momenti in cui perdeva temporaneamente conoscenza. A causa di una grave piorrea gli erano stati rimossi tutti i denti. Questo però non aveva migliorato la situazione, anzi l’aveva peggiorata ulteriormente. A questo punto però gli furono fatti i raggi X della bocca che rivelarono la presenza di denti del giudizio impattati da entrambi i lati. Fu così, con la loro estrazione, che arrivò una guarigione completa e definitiva della nevralgia in questione.

Altre ampie casistiche cliniche come quella di Henry sono state pubblicate da Sollman (1971) e Mastalier (1989 e 1995) in Germania, che appunto hanno osservato spesso effetti neurologici di vario tipo in relazione alla presenza di denti del giudizio impattati o con pericoroniti. La loro spiegazione per queste osservazioni era che un dente del giudizio malposizionato, in quanto “centro d’irritazione nervosa”, può costituire una fonte d’impulsi irritativi cronici che inducono una presensibilizzazione patologica dei gangli.

Il numero di autori coinvolti in queste osservazioni in Austria e Germania a quei tempi è davvero impressionante: Thielemann (1942, 1944, 1956, 1967), Proell (1947), Fudalla (1950), Imming (1950), Kerkhoff (1950), Brück (1951), Lampert (1951), Roques (1951), Iskraut (1952), Koelsch (1952), Siegmund (1953), Kulenkampff (1954), Kummer (1954), Potschka (1954), Fischer (1953 e 1955), Glaser-Türk (1955, 1966 e 1971), Hattyasy (1955), Slauck (1940, 1947 e 1955), Standel (1955), Gäbelein (1956a e 1956b), Schöndorf (1956), Düringer (1957), Eger (1958 e 1960), Pöhler (1959), Jaffke (1960), Küper (1960), Raab (1961 e 1972), Voegeli (1961), Pfeiffer (1962), Kramer (1964, 1979 e 1980), Altman e Riccabona (1964), Warburg (1966), Nenninger (1967), Gasser (1968), Voss (1950 e 1968), Jendrissek-Persching (1969), Rausch (1969 e 1982), Schwamm (1979), Gaus (1972), Eder (1973), Djerassi (1976), Draczynski (1977).

Da allora numerosi autori di grande spessore fecero a gara a capire e caratterizzare bene questo ambito. Parliamo di Windstosser (1958 e 1970), Röst (1964, 1976 e 1978), Stortebecker (1967), Issels (1956, 1958 e 1968), Altmann (1969), Lechner (1979, 1981, 1990, 1993, 1996, 1999, 2001, 2003, 2007), Thomsen (1982), Rossaint (1991), Nürnberg (1995), Daunderer (1997), Bergsmann (1998), Kuhnlein (1999), Klinghardt (1999), Kobau (2000), Rau (2009), Kubitzek (2002), Volkmer (2005), Schuler (2012).

In un libro del Dr Lechner del 2009, “Der Feind in meinem Mund”, 120 pazienti testimoniano guarigioni a seguito della bonifica chirurgica di denti del giudizio, relative osteiti e infezioni di denti devitalizzati. L’indice del libro ci da’ una buona idea dei concetti espressi: (5.1) Ogni malattia può essere aggravata da un focus dentale; (5.2) Davanti a persone con malattie croniche, affrontate l’argomento dei focus dentali;(5.3) questi campi di disturbo aumentano i costi delle terapie mediche e spesso impediscono qualsiasi altro intervento efficace. (5.4) cosa potete fare voi per prevenire i focus dentali? (5.7) cosa dovrebbe soprattutto non fare il vostro dentista? (6.1) come si trova un campo di disturbo? a) i test sul sistema di regolazione b) le ortopanoramiche: cioe´ avere gli occhi bendati sui focus dentali ; c) il CAVITAT: tutto chiaro ora sui focus dentali ; d) i test di bioenergetici per individuare i focus.

E’ fondamentale qui ricordare, almeno solo di sfuggita, il fondatore della Elettroagopuntura di Voll o VEGA test, il Dr. Rheinald Voll. Egli ha spiegato che nella quasi totalità dei mal di testa e di altri problemi del sistema nervoso insorti tra i 10 e i 21 anni di età c’è bisogno di andare a valutare la presenza dei denti del giudizio (Voll 1956). Anche gli stimati allievi di Voll Kellner (1963, 1971, 1973), Angerer (1984) e Mertens (1986) ottennero guarigioni di mal di testa con l’estrazione di denti malposizionati, essendo anche in grado di misurare preventivamente con l’EAV l’interferenza energetica da essi apportata.

L’argomento “malattia focale” fu ulteriormente sviluppato e rilanciato in modo organico da Huneke e Pischinger (1954), padri della neuralterapia e della medicina funzionale. Per malattia focale si deve intendere il fatto che un organo target possa essere messo in difficoltà dalla presenza di un focus d’infezione o infiammazione localizzato ad un limitato tessuto o spazio dell’organismo.

Nel 1981 il Dr. Peter J. Dosch scriveva nel Manuale di Neural-Terapia secondo Huneke: “Tutti i medici che lavorano o hanno lavorato in centri benessere spa chiedono ai loro pazienti un’attenta valutazione dei denti e dei foci orali prima d’iniziare la cura, perché sanno per esperienza che le cure termali possono essere completamente vanificate dalla presenza anche di un solo focus dentale. Il sollievo fornito dalla bonifica dei focus dentali al sistema neurovegetativo può essere sufficiente da solo a produrre una guariione. Certamente nei casi più difficili c’è anche bisogno di procedere con la neuralterapia e con altri stratagemmi per arrivare ad una guarigione definitiva, ma di certo ignorare l’effetto focale e la presenza dei denti del giudizio diventa un ostacolo insormontabile in qualsiasi tentativo terapeutico”.

In tal senso alla clinica per malattie circolatorie di Bad Nauheim è stato effettuato un lavoro molto interessante. Sono stati seguiti 3.000 pazienti ai quali era stato raccomandata la bonifica di foci dentali: era stato detto loro che l’assenza di infezioni die denti era la condizione imprescindibile per essere ammessi alle cure e lo stato di salute doveva essere attestato dal dentista. Tutti presentarono questo certificato. Però i dottori della clinica trovarono ben 5.508 focus dentali che erano in relazione con i loro disturbi cronici, che il dentista non era stato in grado di segnalare.

Un’opera monumentale partorita dopo 30 anni d’impegno al 100% sul discorso dei denti del giudizio come fonte di malattia focale fu pubblicato nel 1983 dal medico tedesco naturizzato spagnolo, Ernesto Adler. Il libro mostra numerosi esempi di patologie precedentemente resistenti a terapie che vennero risolti con le estrazioni di denti del giudizio inclusi, oppure di denti devitalizzati infetti o di resti di radici.

Scrive Adler (1983): “Molto spesso nelle malattie o disagi cronici precedentemente dimostratisi resistenti a terapie c’è bisogno di andare a fare una ricerca neurofocale. Cioè una valutazione dell’ortopanoramica dentale potrà rivelare campi interferenti e infezioni croniche nascoste di rilevanza in malattie generali e disturbi a distanza. Nel momento in cui si prende in mano l’ortopanoramica dentale e si smette d’ignorare il discorso della bonifica dei focus dentali, ci si rende conto che anche i casi più complessi alla fine dei conti diventano molto semplici”.

Premiato come miglior lavoro al Congreso Internacional de la Sociedad Argentina de Medicina, Buenos Aires, Argentina, Novembre 2011, vediamo l’articolo del Dr. Pablo Ruben Koval, “Cefalee croniche e/o dolori cervicali ricorrenti causate dalla presenza di uno o più denti del giudizio (Cefalea y/o dolor cervical recurrentes crónicos):

Riassunto: “Siamo andati a valutare con questo lavoro la correlazione, segnalata con un’ampia casistica clinica già da E. Adler (1983), tra la presenza di uno o più denti del giudizio e la persistenza e ricorrenza cronica di cefalea e/o dolori cervicali. In particolare, abbiamo preso in considerazione 21 pazienti che presentavano cefalee e 20 altri che avevano sia cefalea che cervicalgia. I tipi di cefalea osservati erano in 22 casi emicrania, in 16 casi cefalea tensionale, in 2 casi cluste e in un caso senza classificazione. Inoltre facemmo lo stesso studio su altri 22 pazienti che avevano solo cervicalgia. Le patologie di questi 64 pazienti erano croniche e resistevano da anni ai trattamenti convenzionali, farmacologici, fisici e psicologici. La prima valutazione era fatta ottenendo una ortopanoramica dentale.

La seconda valutazione effettuata era un’applicazione di neuralterapia nella zona dei molari. Veniva considerata come risposta positiva il sollievo della sintomatologia dolorosa della cervicalgia o della cefalea, effetto che poteva presentarsi per un periodo di alcune ore dopo la neuralterapia, sia in forma totale che parziale. Questo test neuralterapeutico veniva ripetuto una seconda volta a distanza di qualche giorno. I denti che davano una risposta positiva venivano estratti.

Entro 10 giorni dalle estrazioni otto pazienti su 64 ottennero una guarigione completa, mentre altri nove ebbero già in questi 10 giorni un miglioramento di più del 50%.

Per i 56 pazienti su 64 in cui la patologia persisteva fu pianificata, nell’area delle estrazioni, una seduta di neuralterapia, e in mancanza di risposta positiva si fissavano altri 3 o 4 appuntamenti per ulteriori sedute di neuralterapia nelle zone operate, a distanza di una o più settimane.

In questo modo 49 altri pazienti trovarono una guarigione totale. Si arrivò dunque ad una percentuale dell’89% mentre il restante 11% (7 persone) ottennero comunque un miglioramento consistente (importanti riduzioni di frequenza, intensità o durata degli episodi).

Innanzitutto quindi bisogna dire che tutte le cefalee, indipendentemente dalla loro forma e tipologia, sembravano beneficiare allo stesso modo da questa procedura terapeutica. Se ne ricava perciò che tipi diversi di cefalee sono manifestazioni cliniche diverse dello stesso problema, cioè della perturbazione irritativa causata dalle radici dei denti del giudizio sull’importante plesso nervoso loro adiacente. Anche per le cervicalgie sembra essere la valutazione dei denti del giudizio, anche di quelli asintomatici, cosicchè si possa arrivare a spegnere per tempo lo stato cronico infiammatorio e/o stimolo neurale persistente che è alla base della contrattura muscolare che caratterizza queste sindromi.

Bisogna inoltre notare che rarissimamente i denti del giudizio davano sintomatologie o disturbi locali. Inoltre spesso non si trattava di denti impattati ma semplicemente terzi molari fuoriusciti in una situazione di poca disponibilita di spazio. La metodica ci permetteva di individuare i denti focali, ma notate bene che l’estrazione dei denti nella maggior parte dei casi sarebbe risultata non risolutiva se non si fosse fatto ricorso alle sedute di neuralterapia post-estrazione, effettuate a distanza di qualche settimana”.

Scriveva già nel 1903 il Dr. Robert H. Woods sul Dublin Journal of Medical Science: “Ritengo sia una grossa sfortuna che i dentisti abbiano rimosso dal loro background culturale l’informazione che disturbi fisici di qualsiasi tipo possano essere innescati o favoriti da sepsi o focus infiammatori orali. Dal punto di vista del paziente ormai qualsiasi cosa che non causi più dolore viene tollerato, anche carie pluriennali, mentre i medici sono i principali complici, o meglio gli artefici di questa grave dimenticanza con conseguenze enormi per la salute“.

Il problema si complica perché la relazione temporale tra problema al dente e un disturbo a distanza non è per niente evidente. In questo ambito si sviluppano effetti in modo graduale e la mancanza totale di sintomatologia locale ai denti incriminati rende tutto molto difficile da valutare.

L’ odontoiatria neurofocale (così viene chiamata oggi) è un fenomeno culturale della medicina con origini che risalgono a parecchi secoli addietro. Già nell’ottocento Mulreany (1874) metteva in correlazione la situazione infiammatoria associata all’eruzione difficoltosa dei denti del giudizio con problemi di mal di testa e tutta una serie di altri disturbi neurologici, oltre che artriti, angine giovanili, disturbi dell’umore, sterilità e aborti ricorrenti. L’infiammazione associata con il tentativo di eruzione dei denti del giudizio, anche quando è in grado di produrre problematiche a distanza così importanti, spessissimo non determina il minimo disagio locale del dente in questione.

Un caso di nevralgia causato da un dente del giudizio viene descritto nel massimo dettaglio da F.H. Thomson (1867). Solo una volta che il dente in questione fu estratto, si scoprì che questo aveva le radici formate in modo anomalo. In particolare una piccola pallina di germe dentario rimaneva attaccata al dente a livello apicale e la radice non si chiudeva in modo normale. Ritardi nell’eruzione di denti del giudizio, insisteva Thomson, predispongono poi a formazione di cisti oppure ad alterazioni istologiche dell’osso mandibolare nella zona adiacente.

Nella fase di sviluppo del dente, il germe dentale si allarga (diventa periostio), dando modo al dente di formarsi e solidificarsi. A quel punto il periostio si dissolve e completa la trasformazione lasciandosi dietro semplicemente il dente circondato dal legamento finito (periodonto). Già nel 1949 il prof. Herbert Harnisch osservava, in una pubblicazione dell’Università di Jena intitolata “Difficoltà nella formazione dei denti del giudizio“, che spesso certi denti del giudizio apparentemente normali alla radiografia presentavano al momento dell’estrazione materiale residuo del germe o periostio che non era riuscito a riassorbirsi completamente.

La dottoressa Mieg ha descritto questo in grande dettaglio: ha parlato di una sorta di pallina bianca che pende dalla punta della radice del dente. Nonostante la sua innocente apparenza, questo è un focolaio che crea disturbi nell’organismo. Da non confondersi, spiega la Mieg, con i granulomi che invece corrispondono visivamente a secrezioni di forma sferica che si presentano di aspetto rosso e sono una specie di sangue coagulato. Secondo Harnisch, è possibile mettere in relazione questa imperfezione della trasformazione del periostio in periodonto con il fenomeno dell’instaurarsi dell’infiammazione cronica dei tessuti.

Il nesso della malattia parodontale. Le osservazioni istopatologiche di Baykul (2005) ci danno un dato difficile da credere: e cioè che nel 50% dei pazienti di età superiore ai 20 anni, i denti del giudizio presentano cambiamenti cistici nell’area adiacente, nonostante i denti appaiano assolutamente normali alle radiografie. Ciò ha a che fare con la formazione difficoltosa che li caratterizza.

Stiamo parlando di una situazione di tasca di 4 mm presente nel 38% dei pazienti giovani che aumentava del 21% nell’arco del periodo di osservazione di 2.2 anni (Blackey 2006).

Da notare che la questione dei denti del giudizio, delle difficoltà della loro formazione e della loro possibile focalità, veniva avanzata già da numerosi autori nel corso dell’800, per esempio dal Dr. W. Rushton in una pubblicazione intitolata “Perché i denti del giudizio hanno una patologia speciale, che differisce da quello che capita agli altri denti presenti nella bocca?” (1888).

Oggi si è partiti da una prospettiva diversa ma si è arrivati alla stessa conclusione: i denti del giudizio sono stati messi in relazione con l’insorgere di malattia parodontale.

C’è tutta una serie di evidenze scientifiche secondo cui, una volta che la malattia periodontale o pericoronale si è instaurata nell’area degli ottavi, il problema è persistente e progressivo (White 2006) e può migliorare a seguito dell’estrazione dei denti del giudizio (Ylipaavalniemi 1982, Giglio 1994).

Una valutazione alla Duke University su 1020 donne incinte tra i 20 e i 30 anni mostrava che erano coloro che avevano mantenuto i denti del giudizio impattati che avevano malattia gengivale ed un rischio raddoppiato di parto prematuro.

White (2002) ha pensato di andare a studiare proprio i complessi microbiologici e infiammatori (biofilms) associati alle tasche periodontali invisibili alle radiografie e asintomatiche localmente che si scoprono andando ad esplorare con uno specillo l’area dei denti del giudizio. L’autore ha trovato inoltre gli organismi responsabili per l’inizio e la propagazione di malattia periodontale, ovvero Bacteroides forsythus, Prevotella gingivalis, Treponema dinticola, Prevotella intermedia and Campylobacter rectus. Stewart (2001) e Sedghizadeh (2008) hanno dimostrato la correlazione tra presenza di denti del giudizio e progressione della malattia periodontale. I batteri in biofilm e gli altri mediatori infiammatori associati alla presenza di tasche parodontali riscontrate nell’area degli ottavi hanno la capacità di superare le difese dell’organismo, resistere a terapie antibiotiche e quindi persistere all’infinito fino a quando non saranno rimossi chirurgicamente dal corpo (Steward 2001). Blackey (2001) ha verificato che persino pazienti con denti del giudizio perfettamente fuoriusciti, che apparivano del tutto sani, avevano un’elevata percentuale di malattia periodontale infiammatoria attiva causata da questi denti.

Due degli studi epidemiologici più ampi della storia della medicina hanno dimostrato la correlazione tra denti del giudizio e patologia periodontale, sia in gruppi della popolazione più giovani (Glosser 1999, Elter 2004) che in gruppi più anziani (Campbell 2005, Elter 2005).

Assael (Journal of Oral and Maxillofacial Surgery 2005) ha monitorato 254 pazienti sotto i trent’anni che avevano deciso di mantenere tutti e quattro i loro denti del giudizio impattati per paura degli effetti collaterali dell’estrazione. Ebbene i loro risultati, confrontati con quelli di un gruppo di controllo, ci dicono che questi denti del giudizio erano sicuramente implicati nelle malattie gengivali e parodontali.

Per essere precisi, comunque, ci sono tre diverse situazioni che bisogna differenziare tra quelle che possono interferire con la biologia dell’organismo:

– l’infiammazione acuta importante associata con il tentativo di eruzione dei denti del giudizio, che si verifica nel periodo dell’adolescenza di solito senza portare alcun sintomo locale.

– l’infiammazione cronica silente che può permanere nell’età adulta a livello pericoronale o apicale, che può essere associata con denti impattati e con carenza di spazio.

– la putrefazione ossea cronica o le cisti la cui incidenza, per i denti del giudizio, è molto elevata.

La situazione più comune che s’incontra con i denti del giudizio impattati è che la patologia infiammatoria cronica loro associata rimane asintomatica localmente, producendo però un significativo sovraccarico del sistema immunitario e del sistema di regolazione, che nel tempo porta le capacità di regolazione allo stallo in cui deve comparire un disturbo o una sintomatologia (mal di testa, reumatismi, patologie cardiache).

In questi casi altre terapie sensate hanno difficoltà ad apportare la guarigione, ciò proprio in virtù dello stallo del sistema di regolazione. L’evidenza clinica ci dice che il sovraccarico della focalità degli ottavi è talmente importante che la sua eliminazione riesce spesso a portare una scomparsa dei sintomi.

Già Ash nel 1961 aveva mostrato che intorno a denti del giudizio asintomatici si presentava una patologia periodontale in una larghissima percentuale di casi. Il fluido gengivale crevicolare nelle tasche che sono presenti nell’area dei denti del giudizio contiene colonie di mediatori infiammatori, che sono fattori importanti dell’iniziazione e della propagazione della periodontite (Socransk 1998, White 2001) e aumentano il rischio di malattie cardiovascolari (Slade 2003), ictus (Wu 2000), parto prematuro di bimbi sotto peso (Offenbacher 1996 ), malattia renale (Kshirsagar 2005) e altre malattie sistemiche (Elter 2004, Spahr 2006).

Vorrei fare un passo indietro nel tempo. Il fatto che la scienza confermi in modo anche super-dettagliato l’esistenza della suddetta questione, non ci deve indurre a pensare che l’argomento sia stato scoperto solo di recente. Malfotide spiegava in una pubblicazione del 1874 che a causa dell’incompletezza del processo di sviluppo dei denti del giudizio, s’instaurava poi un processo infiammatorio cronico a carico dell’osso mandibolare adiacente ad essi. Malfotilde scriveva addirittura: “Ci sono colleghi che non riescono a sospettare la presenza di denti infetti nemmeno nei casi cronici di fiato pesante. Ce ne sono altri che trattano patologie oculari da una vita senza aver mai iniziato ad indagare se i loro pazienti per caso non abbiano denti cariati fino alla radice. Molti nostri colleghi non riescono nemmeno più a riconoscere gli effetti a distanza causati dalle difficoltà di eruzione dei denti del giudizio. Ma da quanto riportato sopra, potete farvi un’idea di quanti disagi abbiano causato alla loro clientela questi medici perseverando nella loro superficialità sul tema dei denti.”

Butler (1886) diceva che la fuoriuscita di questi denti avviene spesso in un momento in cui la mandibola si è solidificata tanto che il dente deve prendere un’altra direzione e ciò fa insorgere varie alterazioni tessutali croniche. In ogni caso questo problema potrebbe essere secondario se non fosse che il dente del giudizio, a causa di un accorciamento della mandibola, si posiziona accanto ad un crocevia d’importanti innervazioni nervose.

Willard (1874) scriveva sul “Dental Cosmos”: “È la normalità oggi che questi denti facciano pressione sul ramo mandibolare oppure sul molare adiacente creando nel lungo termine irritazione neuro-vegetativa e cisti ossee. Essi producono necrosi sull’osso, carie per la loro malposizione, nevralgie, infiammazioni mandibolare o cervicale e finanche endocarditi. Decisive sono la valutazione della posizione dei denti del giudizio, l’anamnesi del paziente e naturalmente il poter confermare gli indizi raccolti quando l’esplorazione con lo speculum produrrà dei cedimenti nell’osso necrotico”.

Nel 1886 troviamo sul Journal of the Ohio Dental Society ancora una volta numerosi rapporti di medici in merito. Il Dr. C.R. Taft disse che i guai peggiori che possono avere come eziologia la bocca sono quelli causati da questi denti, il Dr. Bell di Cleveland a tal proposito citava la guarigione di una donna da epilessia dopo la rimozione di un dente del giudizio, il Dr. Potter sosteneva che le difficoltà di posizionamento di questi denti finivano per causare infezioni croniche alle tonsille.

“La situazione dei terzi molari è ben nota,” scriveva il Dr. Butler (1886), “la mandibola non è più lunga abbastanza affinché la loro crescita possa avvenire senza anomalie o infiammazioni”. Già allora Butler sosteneva che è una pratica barbarica quella di sacrificare i secondi o i primi molari, richiedere la loro estrazione, per permettere ai terzi molari di avere il loro spazio!

Nel suo “Roentgenographic diagnosis of dental infection in systemic diseases”, il Dr. Sinclair Tousey (1916), dopo aver segnalato alcuni casi significativi, dice che nevriti, nevralgie, tic nervosi e sciatica sono un gruppo di malattie che richiedono assolutamente una valutazione della situazione dei denti del giudizio, perché nei casi in cui questi siano coinvolti non ci potrà essere alcun farmaco o terapia che riusciranno a dare a questi pazienti la guarigione.

Cita anche delle osservazioni del suo collega Dr. Jonathan Bull, che riguardavano alcuni casi di nevralgia del trigemino molto seri che trovarono una soluzione solo dopo estrazioni di denti del giudizio impattati.

Buckley (1932) riportò il caso di una 27enne che aveva avuto per circa dieci anni continui e gravi mal di testa frontali e temporali ed occasionale insorgenza di vomito. La giovane era stata costretta a prendere negli ultimi due anni codeina e 50 granuli di aspirina al giorno. Dopo aver escluso che ci fosse un coinvolgimento gastrointestinale o urinario, fu sospettato un tumore al cervello. Furono perciò effettuati i raggi X della testa. Il radiologo incaricato di questo identificò proprio allora la presenza sulla mandibola di un dente del giudizio completamente sviluppato che era rimasto sotto la gengiva. Il primo giorno dopo la rimozione di questo dente fu anche il primo giorno in cui la donna rimase senza mal di testa per la prima volta da parecchi anni ormai. Da lì in poi i mal di testa si ripresentarono solo in forma lieve e molto occasionale.

Un altro autore del tempo, Main (1933), si diceva convinto che valutare la situazione dentale è fondamentale in tutti i casi di mal di testa. Una situazione che aveva riscontrato molto di frequente era quella in cui l’infiammazione del nervo dentale era andata a causare dolore nella regione occipitale, probabilmente viaggiando lungo il quinto nervo craniale. Alcuni casi comunque si verificavano nell’area parietale. Molti riguardavano l’area sovraorbitale. Per esempio una donna soffriva di una grave nevralgia frontale con qualcosa simile a ticchettii nell’orecchio sinistro. Dopo un anno di cure inutili, i raggi X rivelarono la fusione dei denti del giudizio con i molari adiacenti.

Un altro caso che citiamo dal Dr. Main riguardava un ministro di chiesa 36enne che aveva seri dubbi che potesse proseguire la sua occupazione a causa di gravi mal di testa. Gli erano stati fatti tutti i possibili accertamenti presso un famoso centro medico senza che potesse essere trovata una causa. I mal di testa sparirono quando gli furono rimossi i denti del giudizio inferiori.

Mal di testa resistenti a terapie? La questione dei denti del giudizio – Un po’ di storia. >>

Lorenzo Acerra

Lorenzo Acerra, Lorenzo Acerra, nato nel 1971, autore di libri, chimico. Competenze: danni da denti devitalizzati, danni da amalgama, mal di latte. Laureato in chimica industriale nel 1994, attivista per quasi dieci anni nell'ambito delle intossicazioni da mercurio, relatore ai seminari della Società  italiana di medicina funzionale (SIMF), E' stato uno dei soci fondatori dell'Associazione per la difesa dalle otturazioni di mercurio (ADOM). Ha pubblicato vari libri di medicina naturale tra cui i best-seller Denti tossici e Magnesio (Macro Edizioni).

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